Scioperi e manifestazioni sono previsti a partire da oggi, all’indomani di una protesta pacifica per le strade di Rabat che ha contestato il recente aumento dei prezzi del carburante e dei beni di prima necessità. L’iniziativa di ieri è stata indetta dal sindacato dell’Unione generale dei lavoratori del Marocco (Ugtm), legato al principale partito di ispirazione laica Istiqlal, uscito lo scorso luglio dalla coalizione di governo. A scendere in piazza sono stati lavoratori, giovani ed intere famiglie scontente per il rincaro di benzina e prodotti essenziali tra cui latte e carne, mentre il lavoro scarseggia e gli stipendi rimangono ad un livello basso. In prima fila delle prossime proteste ci sono i trasportatori, gli autisti e i tassisti che minacciano di osservare uno sciopero di 72 ore se le loro rivendicazioni non dovessero essere accolte dal governo guidato dal primo ministro Abdelilah Benkirane.
Pochi giorni fa l’esecutivo dominato dal Partito Giustizia e Sviluppo (Pjd) ha deciso di allineare parzialmente i prezzi locali dei carburanti ai livelli sul mercato mondiale, causando un aumento immediato dal cinque all’otto per centro del costo al litro. “E’ una decisione impopolare ma andava presa” ha spiegato Najif Boulif, il ministro incaricato della riforma tesa a contenere il deficit pubblico che ha raggiunto il 7,3% del prodotto interno lordo (Pil), soprattutto a causa della sovvenzione da parte dello Stato di numerosi prodotti di base. Ma il governo ha anche annunciato a breve una serie di misure di sostegno alle famiglie e ad alcune categorie socio-professionali per evitare un’inflazione generalizzata.
Il governo Benkirane è stato fragilizzato dal passaggio di Istiqlal, seconda forza politica del paese, all’opposizione e ora in parlamento non ha più la maggioranza. Le trattative avviate con il potenziale nuovo alleato del Raggruppamento nazionale indipendente (Rni, liberale) non sono ancora sfociate in un accordo.
Nel regno di Mohamed VI la spesa sociale era stata aumentata dopo proteste di piazza e disordini che, nel 2011, avevano seguito le rivoluzioni popolari in Tunisia e in Egitto e per evitare l’amplificarsi delle manifestazioni anche in Marocco. – Misna