Il presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni, ha firmato la controversa legge anti gay, criticata da Paesi occidentali e gruppi per i diritti umani. La firma del documento è avvenuta durante una cerimonia nella residenza ufficiale del presidente a Entebbe, a 40 chilometri dalla capitale Kampala, ed è stata accolta dall’applauso dei funzionari del governo. La nuova legge prevede una pena di 14 anni di carcere per le persone condannate per la prima volta e l’ergastolo per la cosiddetta “omosessualità aggravata”. Quest’ultimo reato riguarda casi di persone condannate più volte per rapporti omosessuali tra adulti consenzienti, nonché i responsabili di atti sessuali con minorenni, disabili o persone infettate dal virus Hiv. Il provvedimento prevedeva inizialmente la pena di morte per i casi ritenuti più gravi, ma questo punto è stato successivamente rimosso a seguito delle pressioni della comunità internazionale. Alcuni Paesi europei avevano minacciato di tagliare gli aiuti per l’Uganda e il presidente Usa Barack Obama aveva chiesto a Museveni di non firmare la legge, affermando che la normativa complicherebbe le relazioni tra con Washington.
Museveni si era inizialmente opposto al provvedimento, dichiarandolo severo, anche se al tempo stesso aveva definito i gay delle persone “anormali” che dovrebbero essere “riabilitate”. La settimana scorsa, tuttavia, il presidente ha affermato che secondo un team di scienziati ugandesi non ci sono prove che l’omosessualità sia una condizione genetica e ha invitato il governo Usa ad aiutare i ricercatori locali a stabilire “se veramente ci siano persone che nascono omosessuali”. Se questo sarà confermato, aveva detto, potremo rivalutare la legge. Nonostante le critiche da parte degli attivisti gay, che hanno sottolineato che il presidente ha preso la decisione senza mai incontrare neanche una persona omosessuale, la legge è molto popolare in Uganda, dove molti religiosi cristiani e politici affermano che sia necessario impedire agli omosessuali occidentali di “reclutare” bambini ugandesi. – LaPresse/AP