In seconda votazione il parlamento ha respinto il progetto di revisione della Costituzione, presentato dal governo per consentire al presidente Pierre Nkurunziza di candidarsi alle elezioni del 2015. Lo hanno riferito fonti di stampa locale e internazionale, precisando che al partito al potere, Cndd-Fdd, maggioritario all’Assemblea nazionale, è mancato un solo voto per far varare le modifiche alla legge fondamentale. “Il sì ha ottenuto 84 voti. Per approvare la revisione ne servivano 85 (i quattro quinti dei 106 deputati, ndr) quindi il progetto è respinto” ha dichiarato a fine seduta il presidente del parlamento Pie Ntavyohanyuma. Il voto, che si è tenuto per alzata di mano, è stato boicottato dai parlamentari del Frodebu Nyakuri e dell’Uprona (tutsi), all’opposizione. Il progetto è tornato sul tavolo del governo che, per legge, non potrà ripresentarlo all’emiciclo prima di un anno.
“L’esito della votazione è stato accolto con un sospiro di sollievo dai partiti di opposizione ma anche da società civile, capi religiosi e partner internazionali apertamente contrari alla revisione” dice alla MISNA Léandre Sikuyavuga, vice presidente dell’Osservatorio della stampa burundese. La bocciatura da parte del parlamento – che mette fine ad un iter istituzionale cominciato lo scorso anno – “rappresenta un passo molto importante e un buon segnale sullo stato di salute dalla democrazia in Burundi – prosegue l’interlocutore – dove i deputati hanno dato prova di responsabilità mentre la popolazione è sempre più consapevole della posta in gioco”.
A questo punto sulla carta l’unica via percorribile è quella del referendum popolare per far approvare la revisione della Costituzione. “Uno scenario remoto visto che per convocare il referendum serve il consenso del parlamento, sul quale Nkurunziza non può fare pieno affidamento – conclude Sikuyavuga –. E poi servono finanziamenti pubblici che non ci sono. Le case dello Stato non hanno tale disponibilità, anche perché la priorità è l’organizzazione delle presidenziali in agenda per il prossimo anno”.
Tuttavia ad appesantire il clima socio-politico nel paese dei Grandi Laghi sono le sentenze emesse venerdì scorso dal tribunale di Bujumbura che ha condannato all’ergastolo 21 militanti del partito di opposizione del Movimento per la solidarietà e lo sviluppo (Msd, opposizione), riconosciuti colpevoli di “ribellione” e “insurrezione armata” nei disordini dell’8 marzo.
“E’ una sentenza che ha sconvolto l’opinione pubblica locale e la comunità internazionale. Non c’è stato alcun morto, quindi si tratta di un verdetto chiaramente politico. Un monito a qualunque forza di opposizione e contestazione che rischia di portare a forti restrizioni della libertà di raduno ed espressione” temono fonti della società civile burundese contattate a Bujumbura, esprimendo preoccupazione “per una possibile radicalizzazione delle tensioni socio-politiche” e per “le tante incognite sul futuro”. – Misna