24/06/14 – Libia – Voto per nuovo Parlamento, grande incognita la sicurezza

di AFRICA

 

E’ il timore, più che la speranza, ad accompagnare la vigilia del voto in una Libia in preda al caos e all’insicurezza che le elezioni di mercoledì 25 difficilmente contribuiranno a stabilizzare. Un milione e mezzo di libici, rispetto ai quasi 3 milioni e mezzo degli aventi diritto, si sono registrati per eleggere i 200 membri della nuova Camera dei Rappresentanti che avrà sede a Bengasi e sostituirà l’attuale Congresso generale nazionale, eletto nel luglio 2012 nel corso delle prime elezioni libere della storia del Paese.

I primi risultati dovrebbero essere resi noti il 27 giugno, per quelli definitivi bisognerà attendere metà luglio. Un secondo appuntamento elettorale poco più che rituale e che non molto ha a che vedere con un esercizio democratico difficile da esercitare senza condizionamenti in un Paese scosso da scontri tribali, rivolte militari, separatismi incontrollabili in un quadro di caos politico generalizzato.

Il 19 giugno è tornato nel Paese l’ex premier Ali Zeidan, sfiduciato dal Parlamento l’11 marzo e fuggito in Germania, e ha rivolto un discorso alla nazione affermando di essere ancora il primo ministro legittimo e dichiarando di appoggiare l’operazione Dignita’, l’offensiva lanciata a metà maggio dall’ex generale Khalifa Haftar per ‘ripulire’ Bengasi da gruppi islamisti come Ansar Al Sharia.

Pochi giorni fa è stato riconfermato il premier uscente Abdallah al-Thani, dopo che la Corte suprema ha dichiarato incostituzionale l’elezione a inizio maggio dell’imprenditore di Misurata Ahmed Mitig.

Proprio l’est del Paese è l’area a maggior rischio sicurezza.

Nel corso dell’offensiva di Haftar, che ha ottenuto anche l’appoggio di unità dell’esercito e dell’aeronautica, ci sono stati centinaia di morti. L’ex generale, da parte sua, non ha mai riconosciuto ne’ il governo di al Thani ne’ quello di Mitig.

E i due, entrambi sostenuti all’interno del Congresso generale da gruppi islamici piu’ o meno radicali, si sono ben guardati dall’esprimersi in merito all’azione di Haftar.

A sua volta la decisione della Corte suprema che ha messo da parte Mitig è sembrata favorevole agli autonomisti di Bengasi guidati da Ibrahim Jodhran che da dieci mesi bloccano i terminal petroliferi del Paese facendo crollare produzione e vendita e tenendo in scacco l’intera economia libica. Le violenze a Bengasi non sono cessate neppure dopo l’accordo, due settimane fa, con Haftar, per un cessate il fuoco in vista delle elezioni.

E non servirà più di tanto, a stabilizzare Bengasi e l’area circostante, la cattura – da parte degli americani durante un raid il 17 giugno – di Ahmed Abu Khattala, ricercato numero uno per l’attacco al consolato della città l’11 settembre 2012 nel quale morì l’ambasciatore Usa Chris Stevens, e leader locale degli islamici di Ansar al-Sharia. Bengasi, sede del futuro parlamento, resta un’incognita. Come il resto del Paese. * Eloisa Gallinaro  (ANSA).

 

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