Proseguono gli scontri alle porte di Goma, capoluogo dell’instabile provincia mineraria del Nord Kivu, all’est del Congo, mentre le due parti rivali si accusano a vicenda per le nuove violenze in corso. Secondo le Forze armate regolari congolesi (Fardc) sono i ribelli del Movimento del 23 marzo (M23) ad aver cominciato le ostilità con due ordigni che hanno raggiunto Kanyarucinya, 12 km al nord di Goma. Dal canto suo il responsabile della comunicazione dell’M23, Amani Kabasha, ha denunciato che gli elicotteri delle Fardc hanno bombardato un quartiere periferico della base militare di Rumangabo, a 45 km da Goma, uno dei quartier generale della ribellione nata lo scorso anno. “E’ un bombardamento insensato e irresponsabile che ha deliberatamente colpito dei civili”, si legge in un comunicato a firma dell’M23 che riferisce di tre bambini e una donna bruciati nella propria casa, di un uomo ucciso, di un altro amputato e di diversi feriti tra gli abitanti.
Poche ore prima il gruppo ribelle ha annunciato che negli scontri in corso dallo scorso 14 luglio – dopo mesi di tregua – in tutto 401 militari sono stati uccisi, tra cui soldati delle Fardc ma anche esponenti delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr, ribellione hutu, ndr) mentre l’M23 (tutsi) avrebbe perso solo dieci uomini. Il bilancio, difficilmente verificabile con fonti indipendenti, è ben diverso dall’unico diffuso alcuni giorni fa dalle autorità congolesi. Secondo Kinshasa, il 15 luglio, 120 ribelli e dieci soldati regolari hanno perso la vita nei combattimenti.
Di fronte al deteriorarsi della situazione nell’est del Congo, gli Stati Uniti hanno alzato la voce nei confronti del Rwanda. “Chiediamo a Kigali di cessare immediatamente il suo sostegno al Movimento del 23 marzo, di ritirare il suo personale militare dal Congo e di rispettare gli impegni presi” ha dichiarato la portavoce del dipartimento di Stato Jennifer Psaki, aggiungendo che “esiste una serie di prove credibili che ricollegano i principali dirigenti ruandesi e i ribelli congolesi” Da mesi Kinshasa, l’Onu e numerose organizzazioni non governative denunciano il coinvolgimento diretto del Rwanda e dell’Uganda nella nascita dell’M23 e nella ripresa delle ostilità che destabilizzano ulteriormente l’est dell’ex colonia belga. – Misna