Un milione di capi d’abbigliamento al mese. E’ questo, secondo alcune fonti citate dal Wall Street Journal, l’obiettivo di produzione che Hennes & Mauritz si pone in Etiopia. Il paese africano sembra infatti destinato a diventare un importante fornitore della catena svedese più nota con l’acronimo H&M. Ad annunciare lo sbarco ad Addis Abeba è stata la stessa H&M: “Siamo una società in espansione e guardiamo costantemente a nuovi potenziali mercati – ha detto la portavoce del gruppo Camilla Emilsson-Falk – cercando nel contempo di garantire la capacità di inviare i nostri prodotti a tutti i negozi. Lo facciamo aumentando la produttività nei mercati esistenti e guardando a nuove opportunità”.H&M
In Etiopia, H&M ha visto soprattutto un paese dove poter produrre i suoi capi d’abbigliamento a basso costo e probabilmente un nuovo hub produttivo da affiancare al Bangladesh, da cui dipende pesantemente. Questo non significherebbe diminuire le commesse nel paese asiatico, ma affidare a partner etiopici la produzione per i negozi aperti di recente o in via di apertura.
La scelta dell’Etiopia, adesso vincente, secondo alcuni osservatori dovrebbe tener conto anche della possibilità che lì i costi aumentino con una velocità maggiore che non in altre regioni del mondo, rispetto alla Cina in particolare. H&M non sembra comunque intenzionata a puntare di più sull’Africa, soprattutto in termini di negozi. E per quanto riguarda la produzione, come ha tenuto a precisare lo stesso gruppo svedese, resta per intero l’impegno a lungo termine preso con il Bangladesh.
In Etiopia, H&M trova comunque un’expertise nata durante il periodo coloniale italiano e trova anche il sostegno del governo sia in termini di infrastrutture sia in termini di sostegno finanziario. Ha aperto i suoi uffici ad Addis Abeba un anno fa circa. Da allora ha commissionato quantitativi “prova” a diverse aziende con l’obiettivo di selezionare un gruppo di società in grado di coprire un milione di pezzi al mese.
Il settore tessile etiopico da giugno 2012 a giugno 2013 ha esportato per 99 milioni di dollari, il 17% in più rispetto ai 12 mesi precedenti; l’Associazione che riunisce gli industriali del settore stima di raggiungere i 500 milioni il prossimo anno mentre ritiene più difficile arrivare al miliardo entro il 2016 come aveva inizialmente previsto. Un traguardo reso più difficile dalla concorrenza di aziende turche, indiane e cinesi. * Maria Scaffidi – Atlasweb