Si è conclusa nella calma ma senza grande entusiasmo la campagna elettorale per le presidenziali di domani in Madagascar, un appuntamento cruciale con le urne che dovrebbe consentire al paese di uscire dalla crisi politico-istituzionale cominciata nel 2009.
“Ci stiamo preparando al voto ma ci sono tanti problemi organizzativi. La gente è stanca, lotta ogni giorno per sopravvivere e non ha più fiducia nelle istituzioni. Il tasso di partecipazione è la grande incognita e ci sono ancora molti indecisi” lo dicono alla MISNA fonti dell’emittente locale dei Salesiani, Radio Don Bosco, riassumendo così il clima di vigilia elettorale.
Al centro delle accuse c’è l’operato della Commissione elettorale nazionale indipendente di transizione (Ceni-t) che, a poche ore dal voto, non avrebbe ancora finito di consegnare i certificati elettorali, facendo temere che centinaia di persone non riescano ad esprimere la propria preferenza. L’insufficienza di fondi pubblici unita a infrastrutture carenti o inesistenti hanno impedito l’accesso degli agenti elettorali ad alcune zone più remote del paese. Queste problematiche si riproporranno dopo, rischiando di ritardare la pubblicazione dei risultati e facendo temere possibili frodi.
D’altra parte, però, alcuni dei 33 candidati in lizza hanno messo in campo mezzi finanziari imponenti per fare campagna e guadagnarsi consensi, alimentando critiche e sospetti di corruzione. Durante quasi un mese gli aspiranti presidenti hanno tenuto comizi ai quattro angoli della grande isola per presentare i propri programmi e farsi conoscere: tra questi 16 – tra cui operatori economici, intellettuali e funzionari pubblici – partecipano per la prima volta ad elezioni.
Alla vigilia delle presidenziali gli osservatori internazionali hanno moltiplicato gli appelli ad elettori e candidati. Ai primi e ai loro sostenitori è stato chiesto di “mantenere il massimo ritegno durante l’intero processo elettorale” e di “rispettare i risultati dello scrutinio”, invitandoli a presentare ricorsi “solo tramite vie legali e pacifiche”. L’ex presidente mozambicano Joaquim Chissano, mediatore nella crisi malgascia, ha auspicato che il popolo malgascio “eserciti in massa il proprio diritto democratico” e che possa scegliere il futuro presidente “in modo libero e pacifico”. Secondo Chissano, il voto di domani è “un’occasione rara che non può essere lasciata al caso”, e rappresenterà “un grande contributo per creare le condizioni di un futuro politico, economico e sociale migliore”.
Domani più di 7,8 milioni di aventi diritto sono attesi alle urne dalle 6 alle 17 (ora locale) in più di 20.000 seggi elettorali. Il voto, dal costo totale stimato in 44 milioni di euro, è stato finanziato per metà dalla comunità internazionale, che monitorerà le operazioni con 700 osservatori. Le missioni più importanti sono quelle della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc), dell’Unione Africana (UA), della Commissione dell’Oceano Indiano e dell’Unione Europea. Per la prima volta gli elettori sceglieranno il nome del futuro presidente su una scheda unica contenente dati e fotografia dei 33 candidati. L’eventuale ballottaggio è programmato per il 20 dicembre, assieme alle legislative. – Misna