Mancano poche ore alla chiusura della campagna elettorale per le legislative di domenica, ma fonti locali della MISNA riferiscono di un clima globalmente “indifferente” e “disinteressato” nei confronti di un appuntamento con le urne che dovrebbe archiviare una fase di transizione politica. “Praticamente non c’è stata alcuna campagna elettorale. Ricordano il voto di domenica solo i manifesti dei candidati affissi in strada e i programmi alla radiotelevisione pubblica che danno la parola agli aspiranti deputati” dice alla MISNA il curato della cattedrale, padre Timothé Diallo, secondo il quale la più grande incognita sarà il grado di partecipazione degli aventi diritto.
Oltre al tasso di astensione, che rischia di essere significativo, sul voto di domenica si allunga l’ombra dell’insicurezza, soprattutto negli ancora instabili capoluoghi settentrionali di Gao e Kidal, teatro di attentati, rapimenti e attacchi dalla fine di settembre. Oggi a Bamako, in pieno centro, un militare francese è stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco esplosi da un non meglio identificato assalitore che lo aspettava nei pressi della sua abitazione, ferendolo in modo non grave. E’ la prima volta che nella capitale un soldato francese viene preso di mira. Più di 3000 militari di Parigi sono ancora dispiegati nel paese del Sahel nell’ambito dell’operazione Serval, avviata lo scorso gennaio, per contrastare i gruppi ribelli tuareg ed islamici che da circa un anno e mezzo controllavano il nord.
“Oggi i maliani sono preoccupati per il perdurare dell’insicurezza al nord e per il comportamento ambiguo del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla, ribellione tuareg)” prosegue padre Diallo, sottolineando che “la crisi del nord non è affatto terminata (…) perché ci sono troppi interessi in ballo e poca fiducia nella controparte (l’Mnla, ndr) nel dialogo in corso”.
Domenica sei milioni e mezzo di aventi diritto sono attesi alle urne per scegliere tra 410 liste di candidati 147 deputati in parlamento. Nelle circoscrizioni dove i candidati non otterranno la maggioranza, si svolgerà un secondo turno, il 15 dicembre. Osservatori evidenziano come la partecipazione delle donne tra i candidati sia molto bassa: solo il 14%, nonostante le maliane rappresentino il 51% degli aventi diritto. Dai registri elettorali sono rimasti fuori molte delle migliaia di sfollati interni e di rifugiati costretti a cercare riparo nei paesi vicini a causa della crisi cominciata nel 2012. Particolarmente incerta è la situazione di Kidal, il capoluogo dell’Azawad, dove solo l’11% delle persone è stato registrato nonostante la città debba avere all’Assemblea nazionale quattro rappresentanti.
Per il partito al potere, il Raggruppamento per il Mali (Rpm) del presidente Ibrahim Boubacar Keita – eletto lo scorso 11 agosto – l’obiettivo è ottenere una “maggioranza solida”. Uno scenario che appare poco probabile in quanto il mondo politico – così come la popolazione – è molto frammentato dopo il colpo di stato militare del marzo 2012. L’Rpm dovrà probabilmente stringere alleanze per ottenere la maggioranza, in particolare con l’Alleanza per la democrazia in Mali (Adema), uno dei partiti storici e più radicati sul territorio nazionale. Ma alle ultime presidenziali l’Adema si è divisa tra sostenitori di Keita e quelli del suo rivale, giunto secondo, Soumaila Cissé. Originario di Timbuctù (nord) e capo dell’Unione per la Repubblica e la democrazia (Urd), Cissé punta a diventare il capo dell’opposizione parlamentare. Il voto sarà monitorato da centinaia di osservatori nazionali, africani ed internazionali. – Misna