“Migliaia di persone la cui vita è in pericolo imminente dipendono dal dispiegamento urgente di rinforzi militari nell’ambito di una missione di mantenimento della pace e da una maggiore protezione da parte delle truppe già sul terreno”: è l’accorato appello lanciato dall’organizzazione Human Rights Watch sulle sorte di un paese stravolto dal colpo di stato che ha destituito l’ex presidente François Bozizé il 24 marzo 2013. Un anno dopo in Centrafrica la situazione rimane fortemente volatile sul piano della sicurezza.
Da sabato scorso si sono registrato almeno 15 morti in violenze tra gruppi armati rivali, arginate con difficoltà dai soldati francesi di Sangarsi e dalle truppe africane della Misca. Stamattina colpi d’armi da fuoco sporadici sono stati ancora segnalati nel quartiere settentrionale del Pk5, dove civili musulmani sono assediati ormai da settimane da miliziani di autodifesa Anti-Balaka e da banditi, che commettono attacchi e saccheggi. Le forze armate straniere, prese di mira dalle parti rivali, hanno risposto con le armi, uccidendo otto esponenti Anti-Balaka, tra cui un capo milizia. Da ieri il dispositivo di sicurezza dei contingenti internazionali è stato rafforzato nella capitale centrafricana. In un attacco contro un veicolo della Misca a Bangui sono rimasti gravemente feriti un’infermiera, un impiegato amministrativo e un chirurgo della missione a comando africano. Uomini della Misca incaricati della sorveglianza dell’Ospedale dell’Amicizia, sempre nella capitale, sono stati aggrediti a colpi di granate. La scorsa settimana sia le autorità di transizione centrafricane che il Gruppo internazionale di contatto (Gic) hanno esortato tutti i combattenti a “disarmare per aderire al processo di dialogo e riconciliazione”.
Intanto, per ristabilire il controllo sullo Stato e sull’amministrazione, a terra, ieri è cominciato un controllo a tappeto in tutte le sede ministeriali della capitale per individuare “pubblici dipendenti fittizi”. L’Ispettorato generale ha avviato il censimento di tutti gli agenti dello Stato che hanno fino al 27 marzo per farsi registrare presso gli uffici competenti con un documento di identità valido e una prova dell’ultimo pagamento dello stipendio.
A un anno dal colpo di stato che ha trascinato l’ex colonia francese in una crisi complessa, a lanciare l’allarme sulla situazione dei diritti umani è stata l’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu, Navi Pillay. In visita nel paese pochi giorni fa, si è detta “profondamente preoccupata per gli incitamenti all’odio interreligioso o ai danni di una comunità (…) con parole quali ‘pulizia’ o ‘cancellazione di ogni traccia dei musulmani’ che potrebbero sfociare in un conflitto ancora più grave” ha avvertito la Pillay, attribuendo la responsabilità delle “atrocità commesse sui civili prima ai Seleka e poi agli Anti-Balaka”. Alle più di 2000 vittime si aggiungono 650.000 sfollati interni e decine di migliaia di rifugiati nei vicini Congo, Ciad e Camerun. – Misna