“Solo un risveglio delle coscienze ci può salvare” dice alla MISNA suor Caterina Dolci, missionaria in Nigeria per quasi 28 anni. Dell’ultimo sequestro, decine di donne, ragazze e ragazzi portati via da un villaggio dello Stato di Borno, lo stesso dove studiavano le liceali di Chibok, si è saputo ieri.
“L’unica speranza – dice suor Caterina – è che questo nuovo caso riaccenda lo sdegno e la protesta, scatenando quella ribellione che le manifestazioni di aprile e maggio a Lagos e ad Abuja avevano lasciato immaginare”.
Dell’ultimo sequestro la missionaria ha saputo attraverso le sue consorelle nigeriane, Suore del Bambin Gesù. Da qualche mese suor Caterina è in Italia, a Bergamo, ma la Nigeria la porta nel cuore. “Boko Haram – dice – sta cercando di distruggere questo splendido paese, forse anche per motivi politici, per dimostrare l’incapacità del presidente Goodluck Jonathan e del suo partito a pochi mesi dalle elezioni”.
Secondo la missionaria e le sue consorelle, contattate quotidianamente nel nord e nel centro della Nigeria, negli Stati di Plateau, Taraba e Adamawa, la lotta per il potere è avvelenata dalla miseria e dalla vulnerabilità della popolazione. “Le regioni del nord-est dove Boko Haram è nato sono le più povere del paese – sottolinea suor Caterina – e sono davvero tanti i giovani disoccupati disposti a prendere le armi in cambio di un po’ di soldi”.
Negli ultimi mesi, però, qualcosa è sembrato cambiare. Il rapimento delle oltre 200 studentesse della scuola di Chibok, avvenuto la notte tra il 14 e il 15 aprile, ha innescato una mobilitazione senza precedenti. L’hashtag di Twitter #BringBackOurGirls ha fatto il giro del mondo. Segnalando forse, suggerisce suor Caterina, l’inizio di un risveglio nigeriano. “Con i rapimenti di queste ragazze – sottolinea la missionaria – Boko Haram colpisce l’immaginario collettivo e acquisisce visibilità ma rischia anche di far capire ai nigeriani che non possono subire in eterno restando passivi”.
L’ultima scossa potrebbero darla i fatti di Kummabza, un villaggio situato a circa 150 chilometri di distanza da Maiduguri, la capitale di Borno. Secondo le testimonianze degli abitanti, uomini armati hanno portato via con sé 90 persone tra donne, ragazze e ragazzi. “Rapiti – dice suor Caterina – non perché studiare sia ‘un peccato’, come sostiene Boko Haram, ma perché restino incapaci di ribellarsi”. – Misna