“La questione del mandato del presidente non è ancora risolta. Consiglio ai futuri candidati che si preparano al voto di tenere conto del fatto che l’attuale presidente sarà in lizza. Ci rivolgeremo ai giudici della Corte costituzionale”: le dichiarazioni del ministro dell’Interno Edouard Nduwimana all’emittente radio Bonesha-Fm riaprono il dibattito sulla candidatura del capo di Stato Pierre Nkurunziza alle presidenziali in agenda nel 2015.
Un dibattito che sembrava in parte chiuso dopo la bocciatura in parlamento venerdì scorso della legge di revisione della Costituzione. A questo punto il progetto che prevedeva di cancellare dalla legge fondamentale il limite di due mandati presidenziali (articolo 96, ndr) è tornato sul tavolo del governo, che non può presentarlo prima di un anno. Sulla carta, però, rimane in piedi la possibilità di convocare un referendum popolare.
Le parole di Nduwimana aprono invece la strada a un altro scenario e riaccendono le polemiche. Nel 2005 il capo dello Stato è stato eletto dal parlamento di Bujumbura, pertanto, secondo i sostenitori del presidente, la sua prima elezione con suffragio universale diretto è quella del 2010. Motivo per cui quello in corso sarebbe soltanto il primo mandato di Nkurunziza, autorizzato di diritto a candidarsi a un secondo e ultimo incarico al voto dell’anno prossimo.
Le dichiarazioni del ministro dell’Interno hanno già provocato un’alzata di scudi nei ranghi dell’opposizione politica e della società civile. La coalizione Adc-Ikibri ha avvertito che “il potere utilizzerà tutti i mezzi possibili per legittimare la candidatura” del presidente uscente, annunciando che “le forze vive della nazione devono coalizzarsi per impedire questa truffa”. Per l’Uprona, principale partito di opposizione tutsi, il ricorso alla Corte costituzionale rappresenta “un nuovo tentativo di forzare la mano” da parte di Nkurunziza. “I rappresentanti del popolo hanno appena respinto gli emendamenti che offrivano un terzo mandato su un piatto d’argento. Il potere ha invece deciso di proseguire sulla via del confronto, ma noi ci opporremo a una violazione della Costituzione e degli accordi di Arusha” ha dichiarato Charles Nditijé, presidente dell’Uprona, che ha anche chiesto ai cittadini a “prepararsi a rifiutare questo diktat”.
Oltre al braccio di ferro politico-istituzionale, il paese dei Grandi Laghi è alle prese con un crescente malcontento socio-economico. Il mondo universitario è in subbuglio. Per interrompere mesi di scioperi, alimentati da difficili condizioni di studio, il governo ha deciso di cancellare l’anno accademico in corso ed escluso gli studenti contestatari dalle facoltà pubbliche oltre ad aver fatto chiudere diversi campus. Da ieri sono ufficialmente aperte le procedure amministrative, ma per potersi nuovamente iscrivere all’università gli studenti devono impegnarsi per iscritto a rinunciare allo sciopero e alle annose rivendicazioni.
D’altra parte l’Organizzazione di lotta alla corruzione (Olucome) ha indetto una marcia pacifica per protestare contro la “povertà crescente dei burundesi”, in parte collegata a una “crescita economica molto ridotta (del 4%) rispetto a quella dei paesi vicini (tra il 7 e il 13%)”. Il presidente dell’Olucome, Gabriel Rufyiri, denuncia inoltre la “corruzione dello Stato” e accusa il potere di “aver cercato di comprare il voto di un deputato per fare approvare la revisione della Costituzione”. – Misna