27/04/2014 – Africa – FMI: Un rallentamento della Cina avrà conseguenze importanti sull’Africa

di AFRICA

 

La buona stella economica dell’Africa rischia di essere bruciata anche da una modesta contrazione dell’economia della Cina per via della possibilità che quest’ultima possa richiedere ai Paesi del Continente Nero meno risorse naturali da importare:è questo in sintesi l’allarme del Fondo Monetario Internazionale.

Dopo una forte crescita nel corso dell’ultimo decennio, il tasso di crescita della Cina è sceso ad un relativamente modesto 7,4 per cento nel primo trimestre di quest’anno, e il governo ha deciso di procedere con un restringimento della politica fiscale che potrebbe rendere meno interessanti gli investimenti all’estero.

Le economie di molti Paesi sub-sahariani dovrebbero riuscire a continuare a crescere, ma la loro dipendenza dal commercio con la Cina potrebbe causare un blocco inaspettato in futuro, nota il FMI nel suo Regional Economic Outlook for Sub-Saharan Africa, rilasciato giovedì.

«La crescita dei BRIC, e soprattutto della Cina, ha contribuito alla crescita dell’Africa sub-sahariana attraverso più alti prezzi delle commodity e investimenti – si legge nel report, aggiungendo che – il ribilanciamento della crescita cinese verso la domanda interna a sfavore degli investimenti probabilmente ridurrà la domanda e abbasserà i prezzi delle commodity, soprattutto per gli input industriali come ferro e rame».

Il commercio fra Cina e Africa è cresciuto del 5,6 per cento anno su anno raggiungendo 201 miliardi di dollari nel 2013, secondo il Ministero del Commercio cinese. E mercoledì dei dirigenti di Standard Chartered Bank hanno detto che funzionari cinesi e africani si aspettano che il volume del commercio cresca fino a 280 miliardi entro il 2015.

Nel 2012 l’export verso la Cina costituiva il 15 per cento dell’export globale dell’Africa Sub-sahariana, in aumento dal minuscolo 2,6 per cento del 2001, rivela il FMI. Alla fine dell’anno c’erano più di 2000 succursali di compagnie cinesi in Africa, impegnate nei più svariati settori, dall’agricoltura alla manifattura e alla finanza.

Ma questa profonda integrazione, con alti livelli di infrastrutture e investimenti minerari, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio.

«Troppa parte della recente prosperità dell’Africa dipende dalla rapida crescita e prolungata prosperità della Cina – ha scritto Robert Rotberg, senior fellow presso il Center for International Governance, in un post del 4 aprile – Se la Cina avanza, l’Africa la seguirà».

Diversi economisti hanno suggerito a Paesi ricchi di risorse ma con un basso reddito medio di diversificare e ridurre la propria dipendenza dalla Cina, soprattutto dopo le turbolenze viste sul mercato delle commodity lo scorso anno.

Il FMI prevede che i prezzi del carbone e dei minerali di ferro vedranno una forte correzione nel corso di quest’anno, tuttavia cacao e caffé dovrebbero salire, portando benefici a Paesi come Costa d’Avorio, Ghana, Ruanda e Uganda.

«Questa grande esposizione nei confronti della Cina è il risultato sempre maggiori esportazioni da Paesi sub-sahariani verso la Cina, fatto che ha aiutato la crescita economica in quelle regioni, specialmente quando le esportazioni verso le economie avanzate sono rallentate a ccausa della crisi» ha affermato Drummond.

«Gli investimenti cinesi hanno avuto un impatto sulla crescita globale e sui prezzi delle commodity, e per i Paesi ricchi di risorse naturali continueranno ad essere influenzati attraverso quelle stesse materie prime» ha continuato Drummond. Durante il boom, i Paesi che hanno esportato materie come minerali e metalli, cotone e legname hanno visto una buona crescita.

Lo Zambia ne è un esempio. Come uno dei maggiori produttori di rame al mondo, la sua economia è cresciuta fortemente grazie alla domanda di metalli da parte della Cina. Circa un quinto delle esportazioni totali sono finite in Cina nel 2012: nel 2001 arrivavano allo 0,03 per cento.

Oggi oltre il 30 per cento delle entrate statali provengono dalle miniere, in aumento rispetto al 16 per cento del 2008, afferma uno studio dell’International Council on Mining and Metals.

Tuttavia il prezzo del rame è sceso del 50 per cento dal suo picco nel 2011. In un report dello scorso anno il FMI aveva definito “le conseguenze su commodity e commercio di un rallentamento delle economie emergenti come la Cina” come uno dei principali fattori di rischio per l’economia dello Zambia. – IBTimes Italia

 

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