Sono le banche le vere protagoniste dell’offensiva economica cinese in Africa in corso da oltre un decennio, durante il quale Pechino ha investito oltre 75 miliardi di dollari, quasi quanto gli Stati Uniti. Non è quindi un caso, scrive oggi Jeune Afrique, che nel suo primo viaggio nel continente africano, lo scorso marzo, il presidente Xi Jinping fosse scortato da una nutrita delegazione di banchieri, al fianco dei quali Xi ha annunciato un nuovo prestito da 20 miliardi di dollari (15,2 miliardi di euro) in tre anni.
Dei 75 miliardi di dollari investiti in Africa tra il 2000 e il 2011, solo 1,1 miliardo viene considerato aiuto allo sviluppo, precisa il settimanale, il resto è costituito da linee di credito che consentono alle aziende di investire nel continente. “Continueremo a offrire l’assistenza necessaria agli africani senza contropartite politiche”, ha tenuto a precisare il nuovo Presidente cinese, rispondendo alle accuse di neo-colonialismo. E a pagare saranno sempre le banche che “operano nell’ombra”, i cui ruoli sono ben definiti: alla China Exim Bank spettano infatti i progetti politici, tanto che, sotto la tutela diretta del governo, di cui è considerata il braccio finanziario, avrebbe concesso 67,2 miliardi di dollari di prestito tra il 2001 e il 2010, stando a un rapporto dell’agenzia di rating Fitch.
Questa banca di import-export è stata responsabile del 92% degli investimenti finanziari nelle infrastrutture africane tra il 2001 e il 2007.
Un’altra “banca politica” è la China Development Bank, responsabile della creazione e del finanziamento del Fondo di sviluppo Cina-Africa che, in cinque anni, ha avviato oltre 60 progetti in 30 Paesi africani. Le attività del fondo, con investimenti superiori a 2 miliardi di dollari, coprono i settori dell’agricoltura, delle infrastrutture, dell’industria manifatturiera, delle zone industriali e commerciali e dello sfruttamento delle risorse minerarie.
Nel frattempo, le banche commerciali non sono rimaste a guardare, finanziando imprese e commercianti cinesi presenti nel continente. “Quando le aziende escono dal paese, si rivolgono innanzitutto alla Bank of China”, ha detto Qiu Zhikun, direttore generale della filiale presente a Johannesburg. L’istituzione è operativa da diversi anni in Sudafrica e in Zambia, si sta progressivamente insediando in Kenya, Angola, Mauritius e Nigeria, e conta anche di lanciare, nell’arco di cinque anni, istituti commerciali in Ghana, Kenya, Uganda, Egitto, Marocco e Camerun, con l’obiettivo di creare una rete che copra l’intero continente e fornisca servizi finanziari alle imprese cinesi.
Molto attiva risulta anche Industrial and Commercial Bank of China (ICBC), la prima banca al mondo per capitalizzazione di borsa; nel 2008 ha acquistato il 20% delle azioni di Standard Bank, in Sudafrica, per 5,5 miliardi di dollari. Da allora, ha concesso l’equivalente di 7 miliardi di dollari di prestiti al continente e ha rafforzato la competitività delle aziende a capitale cinese presenti nei Paesi africani.
Ma le relazioni tra Cina e Africa si traducono anche in diversi partenariati bancari. La filiale in Tanzania di Ecobank ha firmato un accordo con la Banca della Cina per sostenere gli investimenti tra l’Asia e il continente. L’intesa dovrebbe anche garantire un servizio per commerciare in yuan, la moneta cinese, una volta superato i 2,5 miliardi di dollari di scambi commerciali in Tanzania. Non è quindi stato un caso “se la prima tappa africana di Xi Jinping è stata Dodoma – conclude Jeune Afrique – secondo un rapporto di Standard Chartered Bank, l’ammontare del saldo transfrontaliero Cina-Africa in yuan è stato pari a 5,7 miliardi lo scorso anno. E la banca sudafricana prevede che, entro il 2015, il 20% delle importazioni e delle esportazioni della Cina sul continente saranno pagate in moneta cinese”. – TMNews