27/05/13 – Kenya – Ribelli somali rivendicano attacco lungo la frontiera
E’ stato rivendicato dal gruppo armato somalo antigovernativo Al Shebaab l’attacco condotto ieri contro due posti di polizia in territorio keniano a ridosso del confine tra Kenya e Somalia.somaliascontri
Lo riferisce il Sunday Nation, edizione domenicale del Daily Nation, principale quotidiano del paese, precisando che la rivendicazione del gruppo somalo è stata pubblicata su twitter e viene ritenuta affidabile.
Secondo un bilancio preliminare almeno sei persone sono morte nei due attacchi avvenuti nella zona della città di frontiera di Liboi, inclusi due poliziotti.
Il capo della polizia locale ha annunciato di aver attivato una “vasta operazione di sicurezza” in tutta l’area e di aver rafforzato i controlli al confine.
Negli ultimi anni in Kenya si sono moltiplicati gli attacchi con granate e colpi di pistola, soprattutto da quando il suo esercito, nel 2011, ha invaso la Somalia per attaccare le roccaforti del movimento Al Shebaab (che si trovano nel Sud del paese) e mettere in sicurezza proprio le sue zone di confine.
Truppe keniane sono ancora oggi nel sud della Somalia, anche se ormai integrate in una forza dell’Unione Africana.
I keniani, tuttavia, lavorano a stretto contatto con alcuni capiclan delle regioni del Sud della Somalia e della neonata regione di Jubaland, una sorta di stato ferocemente contrastato tanto dagli Shebab quanto dal governo centrale di Mogadiscio. – Atlasweb
Kenya: ribelli somali rivendicano attacco lungo la frontiera
Violazione dei diritti dei lavoratori ed evasione fiscale. Ecco le accuse per Karuturi Global Ltd, una delle maggiori aziende produttrici di rose e fiori recisi presente al mondo. Si tratta della prima occasione in cui un Governo africano si sia impiegato ad intentare una causa contro una multinazionale attraverso un processo pubblico.
La decisione è stata accolta positivamente da parte di movimenti civili ed organizzazione, soprattutto in quanto essa è stata considerata come una vera e propria operazione di trasparenza. L’azienda è stata giudicata colpevole di evasione fiscale e di violazione dei diritti dei lavoratori. Karuturi Global Ltd avrebbe posto in essere degli stratagemmi illegali al fine di evitare il versamento delle tasse dovute allo Stato.
La produzione di rose da parte di Karuturi non riguarda unicamente l’Africa, con particolare riferimento al Kenya e all’Etiopia, ma anche l’India. Secondo le stime, una rosa su nove acquistata in Europa proviene proprio dalle coltivazioni Karuturi. Le frodi fiscali sono state commesse dichiarando dei valori relativi ai carichi inviati via nave verso l’Europa inferiori rispetto alla realtà.
Il mancato versamento dei tributi dovuti allo Stato non può che avere come conseguenza una riduzione delle possibilità di attivare al meglio i servizi pubblici a disposizione degli abitanti, a partire dall’istruzione, per poi passare alla sanità ed ai trasporti, secondo quanto affermato da parte di Attiya Waris, esperto di diritto amministrativo dell’Università di Nairobi.
L’azienda inoltre è stata accusata di aver sottopagato i dipendenti e di non operare nel rispetto dell’ambiente. Si sarebbe verificata una vera e propria espropriazione legalizzata di terre in Etiopia, attraverso l’acquisto dei diritti per lo sfruttamento di 300 mila ettari di terreno fertile presenti sul territorio. La procedura di acquisto è stata giudicata regolare, ma per via dei conflitti sorti nell’area, la ricollocazione di coloro che sono stati privati della terra su cui vivevano è risultata difficoltosa. Il processo è parte dell’espansione su larga scala dell’attività dell’azienda.
Si tratterebbe di una vera e propria operazione di land grabbing, per la quale i colpevoli sono stati fortunatamente colti sul fatto. Karuturi dovrà rendere conto non soltanto delle proprie frodi fiscali, ma anche delle condizioni svantaggiate dei propri lavoratori e dei danni arrecati all’ambiente.
Tra i lavoratori maggiormente colpiti dal problema vi sono i nativi delle comunità Anuak, il cui trattamento ha condotto Anywaa Survival Organisation, che si batte in loro difesa, a definire la multinazionale ed il relativo operato come criminale. Per via delle pessime condizioni di lavoro alle quali si sono trovati costretti, circa 1000 lavoratori della Shalimar Flower Farm avevano indetto uno sciopero lo scorso settembre e, nel mese di dicembre, più di 3000 floricoltori di Karuturi avevano protestato per i loro scarsi salari e per le indicibili condizioni sul posto di lavoro. La speranza è che ora, grazie ad un processo trasparente, possano trovare giustizia. *Marta Albè – GreenMe