Condizionerà scelte e alleanze in vista delle elezioni la fusione tra un nuovo partito di opposizione e una fazione dissidente del Peoples Democratic Party (Pdp), al potere in Nigeria dal 1999: lo dice alla MISNA Isaac Olawale Albert, direttore del dipartimento di Studi sulla pace e i conflitti dell’Università di Ibadan.
Secondo il professore, l’accordo annunciato ieri ad Abuja dai dirigenti dell’All Progressives Congress (Apc) e dai dissidenti del New Pdp è “conseguenza dell’incapacità del partito di governo di mediare tra posizioni e interessi divergenti”. Nell’immediato l’intesa modifica gli equilibri di potere a vantaggio della nuova formazione, che annovererebbe tra i suoi membri ben 18 dei 36 influenti governatori degli Stati della Federazione. In una prospettiva di medio termine, poi, la fusione sembra destinata a condizionare le scelte del Pdp in vista delle elezioni del 2015.
Secondo Albert, uno dei nodi all’origine della scissione del partito è la possibilità che il presidente Goodluck Jonathan si ricandidi alla guida del paese. Una scelta incompatibile con il principio di alternanza su basi regionali, etniche e religiose negli incarichi al vertice della Federazione che per anni ha regolato la vita del Pdp. “Nella situazione attuale – dice il professore dell’Università di Ibadan – non è affatto scontato che Jonathan si candidi ancora: la Costituzione lo consentirebbe, ma finora il presidente ha mostrato di voler evitare tensioni e conflitti”. Stando a questa lettura, alle primarie in programma nel 2014 Jonathan potrebbe farsi da parte a puntare su un altro candidato. “In questo modo – sottolinea Albert – sarebbe anche possibile rispettare il principio dell’alternanza, un criterio valido ma che può essere utilizzato anche in modo strumentale e al servizio di ambizioni politiche personali”.
Uno scenario verosimile, questo, ma tutt’altro che certo. Come da verificare appare la capacità dell’All Progressives Congress di trovare una sintesi tra le posizioni di dirigenti che fino a pochi mesi fa appartenevano a ben cinque partiti differenti, Pdp compreso. “Anche in questo caso – dice Albert – la scelta del candidato alla presidenza potrebbe catalizzare tensioni”. – Misna