Sono state rilasciate sane e salve tre donne rapite il 3 maggio nel villaggio di Kailou, nei pressi di Ziguinchor, da una fazione del Movimento delle forze democratiche di Casamance (Mfdc), la ribellione indipendentista da 30 anni in lotta con Dakar. L’avvenuta liberazione delle tre dipendenti della società sudafricana Mechem, impegnate in operazioni di bonifica e sminamento dell’instabile regione meridionale, è stata resa possibile da una mediazione delle autorità della confinante Guinea Bissau.
Le donne sono state consegnate dal capo ribelle César Atoute Badiate ai mediatori di Bissau e agli operatori della Croce Rossa internazionale nel villaggio guineano di Cassalol, nei pressi dalla frontiera con il Senegal. Alla cerimonia, tenutasi non lontano da una base dell’Mfdc, la ribellione ha volutamente ‘invitato’ diverse organizzazioni non governative impegnate da anni nella risoluzione della crisi della Casamance, tra cui l’ong guineana ‘Mon ku mon’ (‘Mano nella mano’). “Come chiesto dalle nostre madri, rilasciamo le donne detenute e ringraziamo la Guinea Bissau per il ruolo fondamentale svolto nella mediazione” ha detto il capo ribelle circondato da una decina di combattenti autori del rapimento. Nelle mani del gruppo rimangono altri nove lavoratori senegalesi, tutti dipendenti della Mechem.
Con un comunicato diffuso pochi giorni dopo il rapimento dei 12 impiegati, la fazione della ribellione indipendentista guidata da Atoute Badiate ha denunciato il “mancato rispetto degli accordi presi” due mesi fa tra la Mechem, il governo di Dakar e il Centro senegalese di sminamento per portare avanti le operazioni di bonifica, ma anche una “violazione deliberata di spazi vietati ad ogni persona straniera nonostante cartelli e indicazioni sul posto”.
Il rapimento si è verificato in un contesto di rinnovata insicurezza nella regione meridionale, in particolare lungo le strade che collegano la Casamance al Gambia e alla Guinea Bissau. Il mese scorso, il capo di un’altra fazione dell’Mfdc, Ousmane Gnantang Diatta, aveva invece teso la mano alle autorità di Dakar, invitando tutti i combattenti ad abbandonare le armi per aderire a un terzo cessate-il-fuoco e chiedendo al governo l’apertura di “negoziati sinceri, giusti e nella disciplina per trovare le migliori soluzioni”. Oltre al gran numero di vittime, il lungo conflitto indipendentista viene considerato un ostacolo allo sviluppo economico di una regione con un forte potenziale agricolo e turistico. – Misna