Una maggioranza schiacciante e senza sorprese. Con percentuali ben al di sopra del 90%, secondo dati provvisori, l’ex generale Abdel Fattah al Sisi, autore della cacciata del capo di Stato islamista Mohamed Morsi, ha stravinto le presidenziali egiziane.
Lo sfidante Hamdine Sabbahi, che avrebbe ottenuto il 3%, ha ammesso la sconfitta. “Vi sono state violazioni”, ha detto il leader di sinistra che comunque ha garantito l’appoggio nella lotta a terrorismo e corruzione. Sabbahi inoltre ha messo in dubbio il dato sull’affluenza. Una cifra ufficialmente ancora imprecisata ma che fonti della Commissione elettorale stimano al 47%. Gli osservatori dell’Unione europea hanno parlato di un “clima calmo nei giorni del voto che si è svolto nel rispetto della legge, con qualche problema procedurale”. L’Ue, in una nota, ha sottolineato che la “mancata presenza di alcune controparti” dell’opposizione ha “minato la partecipazione di tutti alle elezioni”. Le prospettive che si aprono all’indomani del voto fanno presagire una situazione in evoluzione. Numerosi gli interrogativi a iniziare dai rapporti tra i militari e la piazza. La stessa Coalizione pro-Morsi non intende fare sconti, dopo gli appelli a proseguire i cortei nell’ambito di una nuova “ondata rivoluzionaria”. La Coalizione ha chiesto ai “militari di tornare nelle caserme e di rimettere il potere nella mani del popolo”. “Bruciamo le bandiere degli Usa, del nemico sionista e dell’Ue. Issiamo quella egiziana e la foto del presidente legittimo”, ha tuonato facendo riferimento a Morsi. Una riconciliazione nazionale sembra impossibile considerati i propositi di Sisi e le reazioni della stessa Confraternita. Le organizzazioni dei diritti umani non nascondono una certa preoccupazione. Sarah Leah Whitson, direttrice di Human Rights Watch per il Medio Oriente e per l’Africa Settentrionale – ha riferito la Cnn online – è convinta che gli “arresti di massa di migliaia di dissidenti politici non siano riusciti a spegnere la dialettica politica, ma abbiano inciso sulle elezioni, privandole del loro vero significato”. Ma al di là delle relazioni che il nuovo governo sarà o meno in grado di stabilire con le opposizioni, altre sfide attendono il neo presidente: il problema delle risorse energetiche, l’ammodernamento industriale e il potenziamento delle infrastrutture. L’Egitto è un “Paese travagliato”, con “enormi problemi”, ha evidenziato un editoriale della Bbc online. La “debolezza economica, l’incremento demografico e la mancanza di posti di lavoro” si assommano al “40% della popolazione che vive sotto la soglia di povertà, all’alto tasso di analfabetismo e all’incapacità della sanità e dell’istruzione di soddisfare le esigenze” degli egiziani. Per far fronte a questi “problemi strutturali – ha proseguito la Bbc – non si intravedono al momento delle soluzioni rapide”, e se il “nuovo presidente non sarà in grado di migliorare la qualità di vita del suo popolo, c’è il rischio che gli egiziani, con l’abitudine che hanno preso a scendere in piazza, possano perdere la pazienza anche nei suoi confronti”. * Giuseppe Maria Laudani (ANSAmed).