“In nome di Dio, lasciateci vivere!”: è l‘appello lanciato da monsignor Théophile Kaboy, vescovo di Goma, capoluogo del Nord Kivu, da settimane epicentro di nuovi scontri tra la ribellione del Movimento del 23 marzo (M23) e le forze armate regolari (Fardc). Il presule si rivolge alla “coscienza dei responsabili” di questi fatti violenti e alle “autorità competenti”, deplorando “innumerevoli perdite in vite umane, sfollati lontani dai villaggi e dai campi ammassati e che vivono in condizioni precarie” così come violazioni dei diritti umani su vasta scala che “ledono alla dignità umana”.
Citando i negoziati di Kampala – aperti lo scorso dicembre ma in stallo da mesi – l’accordo di Addis Abeba, le varie dichiarazioni del Consiglio di sicurezza e il dispiegamento della brigata di intervento, monsignor Kaboy ha deplorato “tutti quei giochi politici” ai quali ha assistito la gente del Nord Kivu “stanca da due decenni di guerre ricorrenti” e che hanno illuso la popolazione con “promesse di un futuro radioso”. Sul terreno, invece, da diverse settimane si è verificata una nuova spirale di violenza ai danni dei civili.
Nel suo messaggio, rilanciato dal sito d’informazione Bukavu on-line, il vescovo di Goma, già occupata dall’M23 lo scorso novembre, condanna con toni duri “la desolazione terrificante alimentata da innumerevoli milizie” e invita la popolazione a “resistere e rimanere vigile”, ma soprattutto a “non cadere nella trappola di quanti vogliono creare una totale confusione in città, colpendo cittadini indifesi e beni”. Per monsignor Kaboy, “siamo tutti fratelli” e ora più che mai “tutte le forze vive implicate nella crisi devono prendere sul serio tutte le risoluzioni già varate per ristabilire la pace totale”. Rivolgendosi alla classe politica congolese, il presule chiede che le prossime consultazioni nazionali in agenda per il 4 settembre a Kinshasa possano essere “sincere” e “privilegiare l’interesse nazionale”.
Intanto da ieri è in corso una vasta offensiva di terra e aerea delle Fardc, sostenute dai caschi blu della Monusco e dalla brigata di intervento, per respingere l’M23 dalle posizioni sulle colline di Kibati. Nelle ultime ore quattro colpi di obice di origine indeterminata sono caduti su Goma; finora non è stato diffuso alcun bilancio. Stamattina una donna ruandese ha perso la vita e il suo bambino è stato ferito da un ordigno che ha raggiunto Gisenyi, città gemella di Goma nel confinante Rwanda. Secondo fonti locali si sarebbe trattato di un “tiro volontario in provenienza dal vicino Congo”. Kigali accusa spesso Kinshasa di bombardare volontariamente il territorio ruandese confinante con l’instabile provincia del Nord Kivu. Diversi rapporti Onu hanno confermato il sostegno militare e finanziario del Rwanda e dell’Uganda alla ribellione dell’M23, nata nell’aprile 2012. – Misna