La Suprema corte d’appello di Pretoria – il più alto tribunale sudafricano – si schiera con i rifugiati e i richiedenti asilo nel Paese: per vedere garantito il loro “diritto costituzionale alla dignità” possono aprire negozi e richiedere licenze commerciali. I giudici hanno accolto il ricorso di alcuni migranti somali ed etiopi che avevano visto chiudere le loro attività e sequestrare le loro merci durante un’operazione di polizia a Musina, nella provincia settentrionale del Limpopo.
In quell’occasione, più di 600 negozi – soprattutto spaza shops, attività informali gestite in case private – erano stati chiusi, i commercianti erano stati arrestati ed era stato ordinato loro di lasciare la città. Ma secondo la sentenza non si può impedire a qualcuno di impegnarsi nel commercio se non ha “nessun altro mezzo possibile” di sostentamento. Tanto più se si tratta di persone che altrimenti sarebbero “sull’orlo della fame” e “condannate a una vita degradante e umiliante”.
Il verdetto nota che per vedere riconosciuto il proprio status di rifugiato in Sudafrica si possono dover aspettare anche “tre anni” e che il governo, a differenza di quelli di altri Stati, “non fornisce sostegno finanziario” a rifugiati e richiedenti asilo. “La frustrazione delle autorità di fronte a un numero crescente di rifugiati non dovrebbe renderle cieche di fronte ai loro obblighi internazionali e costituzionali”, scrivono però i giudici.
Anche il rischio di “fomentare inconsapevolmente la xenofobia” attraverso politiche repressive è preso in considerazione nel verdetto. La risposta adeguata, ribadisce la sentenza, sarebbe “facilitare e velocizzare” le pratiche per ottenere lo status di rifugiati. Episodi di xenofobia contro migranti del Corno d’Africa si sono verificati in più occasioni in Sudafrica: tra i più recenti quelli durati sei giorni, a inizio giugno, a Mamelodi, township di Pretoria. Violenze simili, nel 2008, avevano provocato 62 morti, 41 dei quali stranieri. – Misna