Eugene De Kock, sicario del regime sudafricano dell’apartheid condannato a due ergastoli e 212 anni di prigione, avrà la libertà condizionale. Lo ha deciso il ministro della Giustizia, Michael Masutha, che ha spiegato di aver preso la decisione “nel nome della riconciliazione nazionale”.
Il rilascio dell’uomo noto per la sua brutalità come “Prime Evil” (male fondamentale), che comandò dal 1985 la famigerata unità C1 della polizia, un vero e proprio squadrone della morte, è però destinata inevitabilmente a suscitare polemiche. De Kock infatti solo lo scorso luglio si era visto negare la scarcerazione e tra coloro che si opponevano a questa decisione c’era la stessa ex moglie di Nelson Mandela, Winnie.
In rete e sui social network sudafricani sembrano in effetti essere in maggioranza le reazioni critiche al provvedimento: molti mettono in dubbio che De Kock (che pure, confessando davanti alla Commissione verità e riconciliazione, permise di far luce su centinaia di crimini) si sia mai veramente pentito delle sue azioni. “Assassino” è la parola più comune nei commenti dei molti utenti che considerano sbagliata la decisione e criticano anche pesantemente il ministro.
Molti mettono in contrasto questa decisione con quella, opposta e presa nelle stesse ore proprio da Masutha, di mantenere in carcere Clive Derby-Lewis, condannato per l’omicidio, nel 1993, dell’allora segretario del Partito comunista sudafricano, Chris Hani, uno dei più popolari politici neri della sua generazione. La domanda di scarcerazione per motivi medici di Derby-Lewis è stata respinta per mancanza di sufficienti basi, ma il ministro della Giustizia ha specificato di non credere neanche che l’uomo, ex parlamentare di estrema destra, provi rimorso. Un terzo assassino dell’era dell’apartheid, Ferdi Barnard, ha visto infine ancora rinviata la sua domanda di scarcerazione: la commissione incaricata di esaminarla ha chiesto una proroga dei termini per svolgere il suo compito. – Dm – Misna