Zimbabwe alle urne nella giornata di mercoledì. Come nelle precedenti tornate elettorali del 2002 e del 2008 si fronteggiano il presidente uscente Robert Mugabe, al potere da 33 anni, e l’attuale primo ministro Morgan Tsvangirai.
Mugabe ha promesso ai sostenitori del suo partito, lo ZANU-PF, la creazione di due milioni di posti di lavoro in cinque anni e di favorire la maggioranza nera nell’acquisizione del controllo delle imprese straniere presenti nel Paese.
Parlando in un comizio Mugabe ha attaccato l’Occidente, “che sarebbe sorpreso del fatto che lo Zimbabwe non sia collassato sotto il peso delle pesanti sanzioni”. “Non crolleremo”, ha detto ancora, “Non crolleremo mai”.
Il candidato del MDC, Morgan Tsvangirai, al contrario punta al ripristino di buone relazioni diplomatiche con i Paesi occidentali e al rilancio degli investimenti stranieri per la ripresa economica.
“Quello che vogliamo è ricostruire, non distruggere, dobbiamo essere sicuri di concentrarci sui problemi che affliggono la gente.
Sto dicendo che bisogna accogliere gli investitori, locali e internazionali e non contrastarli. Bisogna smetterla con queste prese di posizione razziste”, ha dichiarato il primo ministro.
Lo Zimbabwe, un tempo granaio dell’Africa, oggi non riesce a sfamare la sua popolazione. Dopo le violente espropriazioni, messe in atto da Mugabe nell’ultimo decennio, ai danni dei proprietari terrieri bianchi, la redistribuzione della terra è stata iniqua.
I dati ufficiali parlano di un tasso di disoccupazione al 9%. Percentuale non credibile secondo le ONG, che oppongono invece un 85%.
Per rispondere all’iperinflazione nel 2009, il governo ha smesso di stampare dollari zimbabwiani adottando come valuta di riferimento il dollaro statunitense.
Ma questo non può bastare a tranquillizzare gli investitori.
L’analista politico Takura Zhangazha sottolinea: “Una vittoria alle presidenziali di Mugabe significherebbe la prosecuzione dei problemi derivati dalle sanzioni economiche e dall’isolamento internazionale. Ci sono stati segnali da parte dell’Occidente per tornare a dialogare con lo Zimbabwe in materia di economia e investimenti, ma la condizione è che si svolgano elezioni libere e trasparenti”.
È alto il timore di brogli e il caos verificatosi durante il voto anticipato di 70mila poliziotti e funzionari, avvenuto il 14 e il 15 luglio, non promette niente di buono. – Euronews