Circa 30.000 persone sono scese in piazza ieri a Cotonou in segno di protesta per l’ennesimo rinvio a data da destinarsi delle elezioni municipali e locali, in agenda da giugno 2013. La marcia tra piazza della Stella Rossa e piazza Lenin, a suon di fischietti e vuvuzelas, è stata indetta dalla Piattaforma delle forze democratiche (opposizione), ma hanno aderito anche sindacati e diverse organizzazioni della società civile.
“La manifestazione si è svolta in un clima disteso e pacifico. Le forze di sicurezza sono state fraterne nei nostri confronti. Del resto è sempre più diffuso il malcontento sociale per la gestione del potere da parte del presidente” dice alla MISNA da Cotonou Urbain Amegbedji, esponente di lungo corso della società civile beninese e vice presidente del neo ‘Partito per l’alternanza suprema’ (opposizione). “In realtà – prosegue l’interlocutore della MISNA – la protesta di ieri è da considerare un avvertimento rivolto a Thomas Yayi Boni. Più che gli infiniti rinvii delle elezioni municipali e locali o la prossima scadenza delle legislative (in agenda nel marzo 2015, ndr), quello che preoccupa i beninesi è una possibile revisione della Costituzione per consentire al presidente di candidarsi nel 2016”.
Amegbedji riconosce che “quello che sta accadendo in questi giorni in Burkina Faso ci ha certamente spinto a scendere in piazza in difesa della Costituzione e della democrazia. Seguiamo molto da vicino la battaglia dei fratelli burkinabe. Del resto se Blaise Compaoré riesce nel suo intento, anche Yayi Boni potrebbe darsi da fare nella stessa direzione”.
L’economista Yayi Boni è stato eletto per la prima volta nel 2006, suscitando grandi aspettative sociali per un rilancio dell’economia nazionale. Dopo la sua riconferma alla guida del paese nel 2011, si sono moltiplicate le tensioni politiche, anche all’interno del governo, ma anche le proteste sociali per una situazione economica ed occupazionale sempre più critica. A questo malessere si è aggiunto il sospetto che il presidente intenda modificare la legge fondamentale per sopprimere il limite al numero dei mandati ma anche accuse di nepotismo e corruzione nella sua gestione delle istituzioni.
“Siamo in un’impasse istituzionale e il processo democratico è fermo, del resto come la nostra economia. Il Benin è l’ultimo della classe in Africa occidentale, con un tasso di crescita che non va oltre il 3,5-4%. Altroché emergenza, qui accumuliamo ritardi e problemi” deplora l’interlocutore della MISNA, sottolineando che “se non cominciamo ora la nostra lotta, rischiamo di perdere tutto”.
Nei successivi ritardi elettorali è in causa il Registro elettorale permanente digitale (Lepi) che le autorità stanno cercando di stilare dal 2011. L’opposizione sospetta il potere di voler aggiornare i dati elettorali a suo vantaggio, senza tenere conto di un milione di aventi diritto (su una popolazione totale di 9 milioni) nelle zone considerate più sfavorevoli al capo dello Stato. Il governo spiega i rinvii infiniti delle votazioni col fatto che la Lepi non è ancora disponibile, mentre esponenti dell’organismo incaricato dell’aggiornamento del registro elettorale accusano l’esecutivo di “non sbloccare i finanziamenti necessari per portare a termine il nostro lavoro”. – Misna