La ripresa dei combattimenti in Sud Sudan rischia di aggravare una situazione di per sé “disastrosa”, allontanando la speranza di un soluzione politica della crisi: lo dice alla MISNA suor Elena Balatti, una missionaria comboniana che si trova nella regione petrolifera del paese dove ieri sono ripresi gli scontri armati.
Secondo informazioni per ora non confermate dall’esercito fedele al presidente Salva Kiir, ieri sera unità ribelli legate all’ex vice-capo di Stato Riek Machar hanno assunto il controllo di Bentiu. La città è il capoluogo della regione di Unity, cuore dell’industria petrolifera del Sud Sudan insieme con la vicina Upper Nile. “Bentiu era accerchiata da tempo – dice suor Elena – perché diverse zone di Unity erano restate sotto il controllo dei ribelli anche dopo la controffensiva dell’esercito a maggio”.
Secondo la missionaria, è improbabile che i combattimenti di ieri abbiano causato stragi di civili perché nei mesi scorsi la stragrande maggioranza della popolazione non era rientrata a Bentiu ritenendo la città insicura. Una condizione che l’accomuna a Malakal, il capoluogo di Upper Nile dove suor Elena è rientrata ad agosto. “Entrambe le città – sottolinea la missionaria – hanno un valore strategico perché sono situate in prossimità dei pozzi dai quali l’economia nazionale dipende completamente”.
Ad agosto Malakal ha subito quattro assalti, tutti respinti. Ma il timore, diffuso, è che la fine della stagione delle piogge e la maggiore facilità negli spostamenti possano aggravare ulteriormente la situazione. “Anche durante la Seconda guerra civile del Sudan – sottolinea suor Elena – si combatteva sempre durante la stagione secca; l’offensiva di Bentiu conferma questa costante”.
Di una situazione estremamente precaria dicono alla MISNA anche operatori umanitari in Sud Sudan sin dall’inizio del conflitto, nel dicembre scorso. “Il rischio – dice una delle fonti – è che accada come nella prima metà dell’anno: ad Addis Abeba si tratta e in Sud Sudan si spara”. Il riferimento è ai negoziati mediati nella capitale etiopica dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad). Le trattative hanno condotto alla firma di diversi accordi di cessate-il-fuoco, mai rispettati. Appare in salita anche l’applicazione dell’intesa del 9 maggio sulla nascita di un esecutivo di unità nazionale, nel quale siano rappresentate forze governative, ribelli e oppositori privi di un braccio armato. – Misna