La crisi soprattutto economica che, lentamente quanto inesorabilmente, si sta manifestando in Algeria non è arrivata all’improvviso sorprendendo tutti, ma è la diretta conseguenza di quella che Madjid Makedhi, apprezzato editorialista del quotidiano el Watan, ha definito conseguenza di ”anni di cattiva gestione ed opulenza ostentata”.
Ovvero, solo chi ha vissuto e goduto, senza riflettere sul futuro, dell’età dell’oro derivata dalle ricchezze concesse dal petrolio, è stato colto di sorpresa dall’attuale contingenza in cui gli algerini subiscono i primi segnali di una crisi che non è solo economica, ma anche politica (dettata dalle incertezze sulla condizioni del presidente Bouteflika) e sociale. Basti solo pensare alle misure che, in termini di legge finanziaria o di stabilità che dir si voglia, il governo dovrà adottare per fare fronte ad una fortissima decurtazione dell’ammontare delle royalties derivate da petrolio e gas naturali, da sempre la base finanziaria dei progetti soprattutto sociali.
Le stesse dichiarazioni del primo ministro, Abdelmalek Sellal, sulle strategie decisionali del governo (”Valuteremo la situazione ogni tre mesi”) se forse tendevano ad avere un effetto rassicurante per la gente, hanno fatto storcere il naso a quegli economisti che, da parte loro, vorrebbero decisioni anche drastiche, ma che diano subito il segno di una decisa inversione di tendenza da parte dell’Esecutivo. In tutto il mondo, quando si parla di misure di austerità, si capisce bene che, al di là delle frasi rassicuranti di chi governa, a pagarne per primi le conseguenze saranno i cittadini, chiamati a fare la loro parte se c’è da risparmiare. Un esempio di tali rassicurazioni viene da quanto dichiarato, al sito di informazione Tsa, dal ministro del Commercio Amara Benyounès, secondo il quale non c’è allo studio alcuna misura che si traduca in un ridimensionamento della politica sociale.
Ma il nodo resta quello di sempre: da qualche parte si dovrà cominiciare a tagliare. Ed a temere di più sono le strutture amministrative locali (con in testa le potentissime wilayas) che temono tagli nei trasferimenti da parte dello Stato e, quindi, il ridimensioamento dei servizi. Tema, quest’ultimo, che è alla base della quasi totalità delle proteste popolari soprattutto di quelle comunità che si vedono trascurate da Algeri a favore delle metropoli. I ministri, negli ultimi giorni e all’approssimarsi del nuovo anno, sembrano essere prodighi di promesse e rassicurazioni. Ma come non leggere un preciso segnale nelle parole con cui il primo ministro Sellal ha invitato gli algerini a fare ”del 2015 l’anno della solidarietà”. – Diego Minuti – (ANSAmed).