Dopo l’arresto e la detenzione di due giornalisti – ora in libertà provvisoria – accusati di diffamazione, la tensione rimane alta tra il settore dei media e il governo. Lo riferisce il quotidiano locale Madagascar Tribune, sottolineando che al centro delle critiche e dei timori per la libertà di espressione “di tutti i cittadini” c’è la nuova legge sulla cybercriminalità, promulgata nella massima discrezione pochi giorni fa.
Contestato in particolare l’articolo 20 che prevede una condanna da due a cinque anni di carcere e una multa da 625 fino a 312.000 euro per chiunque si renderà colpevole di “diffamazione” o “ingiuria” sulla rete ai danni di tutti i rappresentanti dello Stato. Un provvedimento che sta provocando un’alzata di scudi non solo dei giornalisti ma anche di blogger e normali cittadini che utilizzano quotidianamente i nuovi mezzi di comunicazione.
Ieri il primo ministro ha convocato un’apposita riunione ad Antananarivo con tutti gli operatori delle comunicazioni, mentre il ministero della Giustizia assicura che “l’articolo 20 verrà emendato e le sanzioni alleggerite per essere in linea con il futuro Codice della comunicazione”, in corso di approvazione dalle varie istituzioni.
Intanto il Sindacato dei giornalisti malgasci assieme alla Cellula di crisi per la libertà di stampa – costituita da operatori del settore e difensori della libertà di stampa – continuano a chiedere le dimissioni del ministro delle Infrastrutture Rivo Rakotovao e del direttore di gabinetto della presidenza Henry Rabary-Njaka. La scorsa settimana i due hanno sporto denuncia contro due giornalisti, accusandoli di “diffamazione pubblica e delitto di stampa”, provocando proteste di piazza. Il direttore di Madagascar Matin Jean Luc Rahaga e il caporedattore Didier Ramanoelina avevano pubblicato sul quotidiano una lettera di denuncia sul traffico del pregiato legno di rosa nel quale tre ministri sarebbero coinvolti. – Misna