Duecento milioni nel mondo. Più di mezzo milione in Europa e tra le 46 e le 57mila in Italia. Sono tante le donne e le ragazze vittime delle mutilazioni genitali femminili. Una pratica antichissima, che è stata tollerata a lungo sia dall’Islam sia dal Cristianesimo, ma che adesso inizia a essere sempre meno accettata. L’Onu ha inserito la sua abolizione entro il 2030 tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Possibile? Le norme di legge possono essere utili per vietare la pratica e punire chi la esercita. E, infatti, una trentina di Paesi africani, ha adottato norme che puniscono severamente chi continua a mutilare le ragazze. Detto questo, la legge da sola non basta. Serve un lavoro sul piano culturale. Un’azione capillare sul terreno fatta insieme alle comunità locali. Un’azione che da tempo ormai è portata avanti da organizzazioni internazionali (Unicef in testa) e da piccole e medie Organizzazioni non governative.
In Africa però la situazione è ancora grave soprattutto nel Corno d’Africa (Somalia, Etiopia, Eritrea), ma anche nell’Ovest (Nigeria, Gambia, Guinea, Senegal, Mali) e in Egitto. Dall’Africa, lentamente, sta arrivando anche in Europa attraverso le migrazioni. Nel nostro continente si stima che ci siano 500mila donne e ragazze che l’hanno subita. In Italia sono tra le 46 e le 57mila. Molte di esse, per aggirare il divieto imposto dalla legge italiana (che ha espressamente proibito le Mgf nel 2006), subiscono l’infibulazione in soggiorni nei loro Paesi di origine durante l’estate o le principali feste. Per questo motivo la lotta contro l’infibulazione in Europa dev’essere coordinata con gli sforzi che vengono fatti in Africa.
Secondo uno studio effettuato qualche anno fa dall’Ong Aidos, nel nostro Paese, la comunità maggiormente colpita è quella nigeriana (35,5% del totale), seguita da quella egiziana (32,5%). Il 15% delle donne con mutilazioni viene invece dal Corno d’Africa, in particolare dall’Etiopia (5,5%), dall’Eritrea (4,9%) e dalla Somalia (4%). L’Italia è stato uno dei Paesi sostenitori della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite di messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili e la nostra legislazione prevede la concessione dell’asilo per «atti di violenza fisica o psichica compresa la violenza sessuale».
La battaglia però è ancora lunga, ma non ci si può tirare indietro perché, come diceva Thomas Sankara, il leggendario Presidente del Burkina Faso:«L’infibulazione è un tentativo di conferire alle donne uno status di inferiorità, marchiandole con un segno che le svaluta ed è un continuo ricordar loro che sono solo donne, inferiori agli uomini, che non hanno alcun diritto sui propri corpi o ad una realizzazione fisica o della persona».