Sui grandi media la notizia è passata quasi inosservata. Eppure potrebbe avere forti ricadute sugli equilibri del Corno d’Africa e del continente africano nel suo complesso.
Cinque movimenti etiopi di opposizione hanno annunciato di volersi fondere creando una coalizione per affrontare e, nelle loro intenzioni, sconfiggere il governo di Hailemariam Desalegn, definito «oppressivo e tirannico». L’Alleanza popolare per la libertà e la democrazia – questo il nome della nuova coalizione – è stata presentata ad Oslo, in Norvegia, dai rappresentanti del Benishangul People’s Liberation Movement; Gambella People’s Liberation Movement; Ogaden National Liberation Front; Oromo Liberation Front e il Sidama National Liberation Front,
«L’alleanza consentirà a tutti gli abitanti dell’Etiopia di partecipare alla creazione di un ordine politico di transizione basato sul consenso del popolo – sostengono i fondatori in una nota – in cui viene smantellata la cultura egemone di un unico gruppo che domina il resto e si stabilisce un nuovo ordine politico, in cui il rispetto del diritto all’autodeterminazione è davvero concesso a tutti».
L’Etiopia è storicamente un Paese importante per l’Africa. Se si eccettua il breve periodo (cinque anni) della colonizzazione italiana, il Paese è rimasto sempre indipendente e proprio per questo motivo, nel periodo della decolonizzazione, ha rappresentato un modello culturale di riferimento per il resto del continente. Non è un caso che l’Organizzazione della Unita Africana, prima, e l’Unione Africana, dopo, abbiano stabilito le loro sedi ad Addis Abeba. La caduta del Negus Haile Selassie e il periodo di dittatura di Manghistu Haile Mariam hanno offuscato il protagonismo politico etiope.
Un protagonismo che è rinato solo con il nuovo assetto politico nato dopo la caduta del regime comunista (anni Novanta). La classe politica, fortemente incentrata sul blocco etnico tigrino (un’etnia minoritaria del Nord), ha garantito in questi anni un grande stabilità al Paese e un forte sviluppo economico (con tassi di crescita del Pil prossimi al 10%). Ciò ha permesso di far uscire larghe fasce di popolazione dal sottosviluppo cronico di cui soffre il Paese. Non solo, ma Addis Abeba è diventata anche una protagonista della politica regionale con il suo forte ruolo giocato soprattutto in Somalia.
L’altra faccia della medaglia, però, è una scarsa democrazia interna. La coalizione di governo in Etiopia ha vinto tutti i seggi in Parlamento nelle elezioni dello scorso maggio, sollevando dubbi circa la credibilità e l’equità delle consultazioni. Le organizzazioni per i diritti umani accusano le forze di polizia etiopi di molestie e persecuzione di oppositori, giornalisti e dissidenti. E anche il prorompente sviluppo economico non ha toccato tutto il Paese, lasciando grandi fasce della popolazione nella miseria più completa.
La nascita di un’opposizione forte e coesa potrebbe rivoluzionare gli equilibri e, con essi, potrebbe cambiare la politica regionale e interna. Saranno i prossimi mesi a dirci se e come questa nuova coalizione avrà la forza di sfidare e sconfiggere l’attuale sistema di potere.