Una “condanna” ai gruppi ribelli ancora attivi in Nord Kivu, che “possono rappresentare una minaccia per la stabilità della regione”: sono queste le conclusioni del mini-vertice dei capi di Stato della regione dei Grandi Laghi, tenuto ieri a Luanda.
Dai colloqui a porte chiuse non sono emerse decisioni concrete ma soltanto una posizione comune sulla necessità di “bloccare gli incidenti nefasti provocati da elementi negativi”, un riferimento chiaro ai ribelli ugandesi Adf-Nalu (Alleanza delle forze democratiche-Esercito nazionale di liberazione dell’Uganda) e ai ruandesi delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr, hutu). “Dobbiamo lanciare azioni multidisciplinari sul piano politico, sociale e se necessario anche militare” ha dichiarato José Eduardo dos Santos, presidente dell’Angola, il paese che detiene la presidenza di turno della Conferenze internazionale per la regione dei Grandi Laghi (Cirgl).
Al vertice di Luanda hanno partecipato i capi i Stato di Rwanda, Paul Kagame, Repubblica democratica del Congo, Joseph Kabila, Uganda, Yoweri Museveni, e Repubblica del Congo, Denis Sassou Nguesso. I capi di stato-maggiore dei paesi membri dell’organismo regionale hanno fatto il punto dell’andamento delle operazioni militari in Kivu, attuate dalle Forze armate regolari congolesi (Fardc) e dalla locale missione Onu (Monusco).
Sulla lotta ai gruppi armati dell’est del Congo, le conclusioni dell’incontro sono state “positive”, ha sottolineato Ntumba Luaba, segretario esecutivo della Cirgl. I partner regionali hanno esplicitamente chiesto alle autorità di Kinshasa di “proseguire le operazioni fino al pieno controllo” delle instabili province, ma hanno anche riconosciuto i successi già ottenuti sul terreno. “Il presidente Kabila ha confermato che l’85% dei combattenti delle Adf-Nalu è stato neutralizzato. Anche la delegazione ugandese lo ha riconosciuto – ha detto Luaba – ma ora rimangono le Fdlr”.
Altro tema al centro del vertice – secondo alcune fonti di stampa tenuto dietro esplicita richiesta di Pretoria al presidente angolano – è stata la crisi diplomatica tra Rwanda e Sudafrica. “L’incontro a porte chiuse di Luanda è stato l’opportunità di un dialogo onesto e diretto per cercare di appianare le divergenze” hanno commentato fonti anonime della Cirgl. A Luanda il presidente sudafricano Jacob Zuma ha avuto un confronto diretto col suo omologo ruandese Kagame. In assenza di dichiarazioni ufficiali sul braccio di ferro politico tra Pretoria e Kigali, osservatori hanno ipotecato che Zuma abbia voluto “spiegare ai presidenti della regione le cause delle divergenze” con le autorità ruandesi, ma anche lanciare un “monito al Rwanda davanti a testimoni”. Due settimane fa Pretoria ha espulso tre diplomatici ruandesi sospettati di coinvolgimento nell’attacco alla residenza dell’ex capo di stato maggiore ruandese, il generale Kayumba Nyamwasa, esiliato a Johannesburg. Alcune cronache giornalistiche si sono inoltre interrogate sull’assenza del presidente tanzaniano Jakaya Kikwete, che era stato invitato. Kigali lo accusa di essere vicino alla ribellione ruandese delle Fdlr. – Misna