Un grande oleodotto che dall’Uganda porti il petrolio sulle coste tanzaniane. È quanto stanno progettando Kampala e Arusha. Ad annunciarlo il Presidente Yoweri Museveni e il suo omologo tanzaniano John Magufuli al termine di un incontro che si è tenuto martedì scorso.
La scoperta di giacimenti in Uganda, il cui sfruttamento deve però ancora iniziare, ha sollevato il problema di come esportare l’«oro nero». L’Uganda infatti non ha uno sbocco al mare e deve affidarsi a pipeline costruite in collaborazione con i Paesi vicini.
Originariamente si era pensato a un oleodotto che attraversasse il Kenya. Il problema è che la linea doveva passare vicino alla frontiera con il Kenya, regione pericolosa perché soggetta ai continui attacchi dei miliziani jihadisti di al Shabaab. Anche se i costi della linea sarebbero stati inferiori al nuovo progetto perché sarebbero stati divisi con Nairobi (che sta iniziando anch’essa a sfruttare propri giacimenti).
Martedì però c’è stata la svolta. Tanzania e Uganda hanno deciso di aggirare il Kenya e costruire una pipeline di 1.120 km tra Tanga (Tanzania) e Uganda. Un progetto che, per essere realizzato, impiegherà almeno 15mila persone. Questa linea servirebbe anche alla Tanzania che ha grandi riserve di gas naturale. Tra l’altro Uganda e Tanzania hanno forti legami storici. È la Tanzania infatti che ha sostenuto Museveni nella sua ascesa al potere nel 1986
La questione dell’oleodotto è fondamentale sia per l’Uganda, sia per il Kenya perché è dalla costruzione di questa infrastruttura che dipendono gli investimenti delle grandi compagnie petrolifere nei due Paesi (oltre alla francese Total sono impegnate anche la cinese Cnooc e la britannica Tullow Oil). E sia l’Uganda sia il Kenya fanno molto affidamento sulle risorse petrolifere per un’ulteriore crescita delle loro economie.