In Italia quando era Ministro dell’Integrazione ha subito minacce e insulti razzisti, oggi è una parlamentare europea impegnata a promuovere la pace e la democrazia in Africa.
a cura di Raffaele Masto
«Non hanno colpito solo me, ma la dignità di ogni persona che rifiuta il razzismo». Il tema è di quelli che fanno alzare la voce anche a Cécile Kyenge, donna di solito sobria e misurata. Lo scorso settembre, il Senato italiano ha negato l’autorizzazione a procedere contro l’onorevole Calderoli per il reato di istigazione all’odio razziale per aver definito la deputata di origini congolesi un ‘orango’. L’ex Ministro dell’Integrazione del Governo Letta (aprile 2013-febbraio 2014) ha dovuto subire, in quell’occasione, il voto favorevole al salvataggio di Calderoli anche di buona parte del suo partito, il PD.
«Una brutta storia, non ancora chiusa: il tribunale a cui ho fatto ricorso ha riportato la questione alla Corte Costituzionale per chiedere l’annullamento della decisione del Senato… Ancora oggi ricevo insulti e minacce. Molti non accettano che viva in Italia. Mi dicono di sparire, ma non mi faccio intimorire».
Cécile Kyenge, 52 anni, in Italia dal 1983, una laurea in medicina, oggi è una parlamentare europea. La incontriamo a Modena, sua città adottiva, dove è appena tornata dall’ennesima missione in Africa in qualità di capo delegazione per l’osservazione delle elezioni. «Il Burkina Faso ha svoltato verso la democrazia, ma in Burundi il regime di Nkurunziza non vuole cedere», commenta.
«Oggi l’Africa è un continente con luci e ombre, in pieno movimento: l’Europa dovrebbe prestarvi più attenzione», dice. Le attenzioni europee, in verità, non sono mai mancate, ma sono sempre state rivolte alle risorse strategiche dell’Africa. Gli appetiti commerciali e gli interessi delle multinazionali condizionano il suo lavoro? «Le pressioni non mancano», ammette. «Una, molto forte, l’abbiamo subita come gruppo dei socialisti al parlamento europeo. Molti gruppi industriali e potenti lobby avrebbero preferito che non si facesse un protocollo per la tracciabilità dei minerali. Abbiamo portato avanti con convinzione la nostra battaglia, ma non è ancora finita».
I miliziani dell’Isis seminano morte in Libia, Boko Haram in Nigeria, al Shabaab in Somalia e Kenya, al Qaeda in Mali. Perché in Africa cresce la minaccia jihadista? «Il terrorismo si alimenta con la miseria e la povertà estrema. Per disarmarlo dobbiamo promuovere democrazia, sviluppo, giustizia sociale. E’ il mio impegno». I razzisti non sono riusciti a intimorire Cécile Kienge.