Mozambico, il riscatto delle donne della discarica di Maputo

di Enrico Casale

a cura di Raffaele Masto

 

Mozambico, discarica di MaputoQuasi un milione e duecentomila abitanti che producono circa mille tonnellate di rifiuti ogni giorno. Sono questi i numeri essenziali dei residui urbani della città di Maputo, capitale del Mozambico. Numeri che fanno immaginare cosa può essere il luogo nel quale tutti questi rifiuti si ammassano ogni giorno. Questa discarica si chiama lixeira di Hulene e prende il nome del quartiere periferico della città nel quale è situata, vicino alle recinzioni che proteggono le piste dell’aeroporto internazionale della città.

Come in tutte le città africane una discarica è anche una opportunità e infatti la lixeira di Hulene è frequentata da almeno cinquecento raccoglitori informali di rifiuti riciclabili. Nel colpo d’occhio che il visitatore getta, entrando, in questa immensa pattumiera sembrano formiche che aggrediscono depositi putrescenti di materia commestibile. In realtà lavorano: separano, sminuzzano, dividono, accumulano, esaminano all’insegna del motto secondo il quale nulla si crea e nulla si distrugge. Motto dal quale discende il fatto che nessun rifiuto è veramente inutile.

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E proprio su queste considerazioni che la ong italiana Lvia ha promosso una cooperativa di raccoglitori che valorizza i rifiuti e ne trae il valore intrinseco con la separazione dalla massa di rifiuti. La cooperativa è composta da sette donne che erano ex raccoglitrici informali, cioè facevano parte di quella schiera di “formiche” che ogni giorno si avventano sui rifiuti “freschi” depositati nella lixeira dai camion delle società private, ingaggiate dal comune, che fanno la raccolta in città.

Oggi la ComSol, acronimo che significa «Cooperativa di Maputo per Soluzioni Ambientali», raccoglie, acquista e successivamente vende rifiuti solidi urbani riciclabili nell’intero mercato del Mozambico. Nel 2015 ha acquisito e commercializzato circa 120 tonnellate di rifiuti solidi urbani riciclabili composti da plastica, alluminio e vetro. Le sette donne della cooperativa hanno generato uno stipendio mensile, per ognuna di loro, di circa 56 euro, praticamente uno stipendio medio-basso per i livelli del paese. Non è poco.

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