L’attentatore che ha compiuto la strage a Nizza (nella quale sono morte almeno 84 persone) si chiama Mohamed Lahouaiej Bouhlel, è un cittadino tunisino di 31 anni. Sposato e padre, era domiciliato nei distretti settentrionali di Nizza. È quanto risulta dalle prime indagini e dalla carta d’identità trovata dagli agenti di polizia sul camion utilizzato come un ariete per uccidere più persone che assistivano ai fuochi d’artificio sulla Promenade des Anglais. Se le forze dell’ordine confermeranno il profilo dell’uomo, si tratterebbe di una persona non nota ai servizi segreti e quindi non schedata per attività terroristiche, ma un piccolo delinquente responsabile di reati minori.
L’autore della strage sarebbe un immigrato. Ma la Tunisia è il Paese che più sta contribuendo con propri giovani alla lotta del Califfato di al Baghdadi. Secondo analisi dei servizi segreti di Tunisi e occidentali, sarebbero più di tremila i miliziani tunisini che combattono sotto le insegne nere del Daesh. Sarebbero presenti in Siria, Iraq e rappresenterebbero la spina dorsale del contingente Isis in Libia. E questo può apparire un paradosso perché la Tunisia è il Paese in cui la Primavera araba è nata e in cui la rivolta ha portato a una transizione democratica (pur tra mille contraddizioni e problemi).
Nel Paese sono è in vigore una costituzione nata dalla collaborazione tra le forze della laiche e quelle islamiche. Eppure proprio la Tunisia cova in sé il mostro del terrorismo. La crescita economica è buona (2-3% annuo), ma è concentrata soprattutto sulle coste, lasciando ampie sacche di povertà nelle regioni continentali. Ed è proprio qui che l’Isis arruola i suoi miliziani. Quei miliziani che dopo le sconfitte del Daesh in Medio Oriente e in Libia, ora stanno iniziando a tornare e minacciano di destabilizzare il piccolo Paese mediterraneo. Le stragi del Bardo e di Sousse hanno dimostrato la capacità operativa di questi soldati del terrore.