Shimon Peres, l’apartheid e l’amicizia con Mandela

di Enrico Casale
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shimon peres e nelson mandela

Shimon Peres e Nelson Mandela

È morto a 93 anni l’ex Presidente israeliano Shimon Peres. Lo statista era ricoverato da due settimane a Tel Aviv in seguito a un ictus e le sue condizioni erano considerate irreversibili. Con Peres è scomparso l’ultimo padre fondatore di Israele. Fu un «falco», che lottò contro i Paesi arabi che volevano la scomparsa dello Stato israeliano. Ma fu anche «colomba» e, quando poté, favorì gli accordi di pace con i palestinesi. Fu lui, insieme a Yitzhak Rabin e a Yasser Arafat a firmare gli accordi di Oslo che, se fossero stati implementati, avrebbero portato la pace nella regione.

Questa sua parabola politica può essere letta anche nei suoi speciali rapporti con il Sudafrica. Proprio il Sudafrica è stata meta di uno dei suoi ultimi viaggi all’estero nel febbraio di quest’anno. In quell’occasione, Peres dichiarò: «L’apartheid fu imposto per legge e non ci sono leggi simili in Israele. Il razzismo in Israele è un crimine. Non puoi essere un ebreo se supporti l’apartheid».

In realtà, Peres e Israele hanno avuto stretti rapporti con il regime segregazionista sudafricano. Il Sudafrica, allora governato dal razzista National Party, fu uno dei primi Paesi a riconoscere Israele alla sua nascita. Negli anni Sessanta e Settanta, poi, le relazioni tra Pretoria e Gerusalemme si intensificarono. Alla base delle strette relazioni c’era una visione ideologica che univa ebrei e afrikaner entrambi convinti di essere un popolo eletto che, in nome della propria fede, aveva patito sofferenze e subito persecuzioni. Ma più prosaicamente, i due Paesi, per diverse ragioni considerati «reietti» della comunità internazionale ed entrambi fieramente oppositori del blocco sovietico, iniziarono a collaborare nel campo militare e dell’intelligence. I due servizi segreti si scambiavano informazioni. Questa visione strategica portò anche allo sviluppo di un’intensa collaborazione in ambito nucleare: Pretoria fornì denaro e materiale fissile a Israele, ricevendo in cambio assistenza tecnica per i propri programmi atomici e industriali. Secondo quanto riportato da diversi servizi d’intelligence, negli anni Settanta i due paesi pianificarono due test nucleari nel 1977 e nel 1979.  Shimon Peres, allora ministro degli Esteri, fu uno dei protagonisti di questa politica come hanno poi testimoniato alcuni documenti sudafricani declassificati. L’attenzione di Gerusalemme verso il Sudafrica era dettata anche dalla presenza nel Paese africano di circa 110mila ebrei, una cifra che comprendeva più di 15.000 cittadini israeliani.

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Shimon Peres, Balthazar Johannes Vorster (Premier del Governo segregazionista sudafricano) e Yitzhak Rabin

Sul finire degli anni Ottanta, il Governo israeliano assunse però una posizione via via più critica verso il regime sudafricano e i contatti politici e militari con Pretoria furono sensibilmente diminuiti. Nel 1987 proprio Shimon Peres annunciò che nessun Israele non avrebbe più firmato contratti militari con il Sudafica e avrebbe portato a termine i contratti in essere senza rinnovarli. Peres aggiunse: «Non c’è spazio per la discriminazione che si chiami apartheid o in altro modo. Lo denunciamo con forza: condanniamo l’apartheid. Come ebrei consideriamo gli uomini uguali, creati a immagine e somiglianza di Dio».

Con la fine dell’apartheid e l’ascesa al potere del nuovo Governo guidato dall’African national congress (Anc) i rapporti sono stati segnati da un alternarsi di tensioni e gesti distensivi. Quando Nelson Mandela visitò Israele disse: «Alle molte persone che hanno messo in dubbio la mia visita, dico: Israele ha lavorato a stretto contatto con il regime dell’apartheid. Ho fatto pace con molti uomini che hanno torturato la nostra gente come animali. Israele ha collaborato con il regime dell’apartheid, ma non ha partecipato ad alcun atrocità».

Di queste dichiarazioni Peres fu riconoscente a Mandela. E infatti nella sua ultima visita in Sudafrica dichiarò: «C’è un piccolo Nelson Mandela in tutti noi che ci indica la via verso la pace e la riconciliazione. Nelson era un mio caro amico, il suo cammino morale è stato nobile e coraggioso e ha illuminato la strada per il futuro».

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