In questi giorni si sta profilando un nuovo periodo difficile per il presidente sudafricano Jacob Zuma, già costretto negli ultimi mesi ad attraversare periodiche fasi di crisi che tuttavia non ne hanno mai seriamente messo a rischio la tenuta al potere. Così come accaduto nel dicembre dello scorso anno – quando alla fine fu proprio un intervento del capo dello stato a evitare una più seria escalation – in questi giorni sono le università il cuore pulsante della protesta contro Zuma. Gli studenti sono scesi in piazza tre settimane fa per protestare contro la proposta del governo di aumentare dell’otto per cento le rette universitarie (il provvedimento dell’anno scorso, poi bloccato dal presidente, le avrebbe viste incrementare di dieci punti). Nei fatti, la protesta nasce da un più profondo sentimento di disillusione nei confronti dell’African national congress (Anc). I manifestanti hanno ricordato in questi giorni come la prima forza politica del paese sia salita al potere nel 1994 con la promessa di rendere l’istruzione gratuita per tutti. Dall’altra parte, però, le difficoltà economiche del paese – provocate soprattutto dal crollo del prezzo delle materie prime – e una gestione non sempre oculata e trasparente dei fondi pubblici hanno impedito all’amministrazione di rispettare i patti e hanno anzi acuito la distanza con i giovani. Un segnale di crisi, in questo senso, è costituito dalle elezioni amministrative del 3 agosto scorso, a seguito delle quali l’Anc ha perso alcuni dei più importanti distretti del paese (compresi quelli della capitale e di Johannesburg), alcuni dei quali considerati sue storiche roccaforti.
Un altro segnale non positivo è rappresentato nelle ultime settimane dalla chiusura di oltre metà degli atenei del paese e dai duri scontri tra studenti e forze di polizia, provocati secondo le autorità da giovani facinorosi che, per dirla con le parole dello stesso Zuma, rischiano di “mettere in pericolo il futuro di una generazione”. I manifestanti, tuttavia, hanno promesso oggi che continueranno a protestare e, dunque, a tenere sospese le lezioni universitarie. Il governo ha ammesso di non potersi permettere un’istruzione gratuita per tutta, ma ha promesso assistenza agli studenti più disagiati. Promessa che, però, non basta: i leader della protesta chiedono che la proposta di aumento delle rette venga ritirata dall’esecutivo. La notizia più cattiva per Jacob Zuma è però che le proteste degli studenti sembrano aver riacceso il dissenso all’Anc. Un gruppo di veterani del partito ha firmato una dichiarazione che chiede le dimissioni del presidente. Del gruppo, nominatosi “Salviamo il Sudafrica”, fanno parte personalità di spicco del partito fra cui l’ex ministro delle Finanze Trevor Manuel. I veterani si dicono “profondamente preoccupati” per la situazione nel paese e affermano inoltre di voler incontrare il presidente Zuma per un confronto sulla “leadership richiesta per aprire la strada alla stabilità, alla crescita economica, ai diritti e alle promesse contenute nella Costituzione”. Non è la prima volta che voci di dissenso all’interno dell’Anc chiedono un passo indietro del capo dello stato, recentemente finito al centro di una serie di scandali politici come quello relativo alla ristrutturazione con fondi pubblici della residenza privata di Nkandla, nel nord-est del paese. Finora, tuttavia, tutte le mozioni di sfiducia nei confronti di Zuma presentate in parlamento sono state bocciate dalla maggioranza dei deputati.
(08/10/2016 Fonte: Agenzia Nova)
Sudafrica – Università in rivolta, altri problemi per Zuma
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