29/04/14 – Sud Sudan – Bentiu FM, se la radio alimenta la violenza

di AFRICA

 

“Radio Bentiu Fm non si era mai segnalata per incitamento alla violenza etnica; ciò che accaduto è il prodotto della terribile situazione attuale”: a parlare con la MISNA è suor Elena Balatti, missionaria comboniana a lungo direttrice di una radio in prima fila a sostegno del dialogo e della pace.

A Bentiu, la capitale dello Stato petrolifero di Unity, si è verificata una delle stragi più efferate dall’inizio del conflitto armato in Sud Sudan. Fatti dei quali è responsabile anche un’emittente radiofonica, travolta e stravolta dalle logiche della guerra. Adesso suor Elena si trova a Juba. Alcune settimane fa ha dovuto abbandonare Malakal, una città in macerie dove per anni aveva diretto l’emittente Sout al Mahaba (Voice of Love). Forse è anche per questo, per l’impegno a favore della pace, del dialogo e dell’istruzione profuso attraverso questa radio missionaria, che a suor Elena i resoconti giunti da Bentiu fanno tanto male.

I fatti risalgono al 15 e 16 aprile scorsi. Secondo la Missione delle Nazioni Unite in Sud Sudan (Unmiss), i massacri sono cominciati quando i ribelli legati all’ex vice-presidente Riek Machar sono entrati in città. Nell’arco di due giorni le vittime sarebbero state circa 400. Duecento delle quali uccise dopo che si erano rifugiate all’interno di una moschea. Altre, come ha denunciato l’organizzazione non governativa Medici senza frontiere, prelevate a forza e assassinate nel cortile dell’ospedale cittadino.

Secondo Unmiss, le esecuzioni sommarie hanno assunto da subito una connotazione etnica. Nel mirino dei ribelli, per lo più Nuer come Machar, sono finiti soprattutto Dinka e commercianti originari del Darfur, uccisi perché appartenenti a comunità identificate come sostenitrici del presidente Salva Kiir. In una nota diffusa pochi giorni dopo i massacri, la Missione delle Nazioni Unite ha denunciato “un uso strumentale delle radio locali per diffondere messaggi di odio e discriminazione su base etnica”.

Accuse specifiche sono state rivolte a Bentiu Fm, un’emittente statale che trasmette per lo più in lingua nuer e raggiunge buona parte di Unity. “L’emittente è divenuta uno strumento nelle mani dei ribelli che avevano ripreso Bentiu” dice padre José Vieira, comboniano per anni responsabile di Radio Bakhita, una delle voci cattoliche più ascoltate in Sud Sudan. “I commercianti originari del Darfur sono stati presi di mira – spiega il missionario – perché alcuni mesi fa i ribelli del Darfur avevano aiutato le forze governative a riprendere il controllo di Bentiu”.

Tensioni, rivalità e odii amplificati in modulazione di frequenza. Con la richiesta di cacciare chi appartiene alla comunità rivale, certifica Unmiss, o a “vendicarsi” sulle donne.

In Sud Sudan, un paese dove quattro persone su cinque non sanno né leggere né scrivere, le radio sono uno strumento di comunicazione e informazione essenziale. A Unity, Bentiu Fm ha una posizione di quasi monopolio. Le uniche altre voci, che raggiungono solo alcune aree dello Stato, sono le emittenti delle Nazioni Unite e Radio Tamazuj, un progetto finanziato dalla cooperazione olandese. A livello nazionale il quadro è più variegato, anche grazie alla presenza delle stazioni cattoliche, ma il ruolo della radio resta decisivo. Tanto da spingere i responsabili di Unmiss e lo stesso Toby Lanzer, il più alto rappresentante delle Nazioni Unite in Sud Sudan, a menzionare il genocidio del 1994 in Rwanda. Un altro paese dove le radio locali incitarono a uccidere “l’altro”. – Misna

 

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