È la più ricca dell’Africa. Ha grandi doti imprenditoriali. Ma non deve diventare l’amministratore delegato della Sonangol, l’ente petrolifero angolano. Un gruppo di avvocati si oppongono alla nomina di Isabel Dos Santos al vertice della più importante azienda nazionale e hanno fatto ricorso davanti alla Corte costituzionale contro il provvedimento. Il problema, secondo i legali, non è la mancanza di competenza, ma il fatto che Isabel sia figlia del Presidente angolano José Eduardo Dos Santos. Con la sua nomina la gestione delle risorse petrolifere diventerebbe quindi un affare di famiglia. Molto di più di quanto sia già ora.
Gli avvocati avevano già fatto ricorso davanti alla Corte Suprema (simile alla nostra Corte di Cassazione), ma il mese scorso i giudici avevano respinto la richiesta. Per questo i legali, tutti specializzati nella difesa dei diritti dell’uomo, hanno deciso di ricorrere alla Corte costituzionale.
Lo scorso giugno, il Presidente José Eduardo dos Santos aveva nominato sua figlia, 43 anni, a capo di questa società Corona. In molti avevano visto questa nomina come un atto di nepotismo e di eccessivo controllo delle risorse del Paese. José Eduardo dos Santos, 74 anni, è al potere dal 1979. Pur avendo annunciato le sue dimissioni nel 2018, gestisce ancora con piglio autoritario il potere. Il petrolio e il gas sono due leve importantissime per gestire il potere in Angola (attraverso la ripartizione delle risorse).
Da anni, ormai, l’Angola è divenuta il primo maggior produttore di petrolio del continente africano (seguito da Nigeria e Libia), con una produzione che è quadruplicata negli ultimi venti anni e rappresenta la principale voce di esportazione del Paese (circa il 90% dell’export). L’estrazione è concentrata prevalentemente nei giacimenti off-shore settentrionali al largo del bacino del Congo, nella provincia di Cabinda, ma esistono riserve sia off-shore che on-shore in altre parti del Paese, con recenti scoperte anche al largo della costa meridionale, in particolare nella provincia del Namibe. La compagnia petrolifera nazionale Sonangol detiene il monopolio per l’esplorazione e l’estrazione del greggio, e opera in collaborazione con compagnie petrolifere straniere attraverso joint-venture e accordi di co-produzione (production sharing agreements). Le principali compagnie straniere del settore, oltre all’italiana Eni, sono le statunitensi Chevron Texaco ed Exxon Mobil, la francese Total, la britannica Bp e l’anglo-olandese Shell.
Il vertice della Sonangol è quindi una posizione chiave. Troppo delicata per lasciarla nelle mani della figlia del Presidente. Gli avvocati ce la faranno? Un giudice a Luanda darà loro ragione?