Il Ruanda fa il tifo per Donald Trump. Secondo molti analisti, il Governo di Kigali sosterrebbe l’intenzione del nuovo Presidente statunitense di abrogare il Dodd Franck Act. Se ciò avvenisse, avrebbe ricadute positive per le finanze del piccolo Paese dell’Africa centrale.
Per comprendere meglio questa posizione del Governo di Paul Kagame bisogna fare un passo indietro. Il Dodd Franck Act è una legge promossa e fatta approvare da Barack Obama nel 2010. È una norma complessa che modifica significativamente i meccanismi di regolazione della finanza statunitense con lo scopo di migliorare la tutela dei consumatori. Nella sezione 1502 chiede alle aziende statunitensi, quotate in Borsa e che impiegano nelle loro lavorazioni oro, stagno, tantalio e tungsteno, di certificare che tali risorse non provengano dalla Rd Congo e dai Paesi confinanti.
Si tratta di una norma molto avanzata che, di fatto, blocca l’importazione di quei quattro minerali dall’Africa centrale. Alla base c’è una ragione etica: i proventi della vendita potrebbero finanziare i conflitti locali. Per questo motivo il Dodd Frank Act viene definita una legge contro i «minerali insanguinati». È chiaro che questa normativa penalizzi la Rd Congo, ma anche il Ruanda e il Burundi, Paesi attraverso i quali questi minerali vengono «ripuliti» e commercializzati in tutto il mondo. Il Ruanda è stato sovente accusato di destabilizzare, attraverso milizie a lui collegate, le regioni orientali della Rd Congo per controllare meglio il traffico di minerali preziosi.
Da sempre, Donald Trump è contrario a questa legge. Non tanto perché limita l’importazione dei «minerali insanguinati», quanto perché, nel suo complesso, regolamenta in modo assai puntuale le attività di Wall Street. Fin dalla campagna elettorale, il nuovo Presidente ha annunciato l’intenzione di riformarla per lasciare le briglie sciolte agli operatori della finanza. Così due settimane fa, Trump ha redatto un ordine esecutivo che sospende la legge Dodd Frank per due anni. Nell’ordine, ha chiesto al ministero del Tesoro di trovare una legge alternativa.
I critici sostengono una sospensione della legge aumenterà la possibilità di instabilità in Repubblica Democratica del Congo. Per il Ruanda, tuttavia, l’abolizione sarebbe come la manna dal cielo. In questi anni, infatti, la legge ha limitato il ruolo di Kigali nel commercio di minerali preziosi. Di fatto impoverendo il Paese. «La legge ha costretto il Ruanda a spendere più soldi per soddisfare i requisiti richiesti dalla Dodd Franck – spiega un portavoce del Governo ruandese -. Nonostante tutti questi sforzi e gli investimenti costosi in due diligence, continuiamo a subire un pregiudizio negativo del mercato internazionale contro minerali ruandesi». Il ministro delle Risorse naturali, Vincent Biruta, ha però detto che il suo Governo non vuole ancora esprimere una posizione ufficiale e uscirà dal riserbo solo dopo la riforma della legge. Ma, è ovvio, che dietro le quinte faccia il tifo per la sua abrogazione.