Si fa sempre più dura la protesta nel Rif in Marocco. Tutte le sere, migliaia di manifestanti scendono in strada per rivendicare maggiore giustizia sociale, più servizi, migliori collegamenti stradali e più investimenti per lo sviluppo della regione. Negli ultimi giorni, i manifestanti hanno chiesto a gran voce anche la liberazione dei leader del movimento, arrestati la settimana scorsa dalla polizia marocchina. In particolare, Naser Zafzafi, disoccupato 39enne, diventato la bandiera del movimento.
La protesta è in corso da alcuni mesi. È scoppiata in ottobre dopo l’uccisione di un pescivendolo da parte della polizia. La brutale uccisione è stata la scintilla che ha acceso sul fuoco del malcontento della popolazione berbera, da sempre insofferente nei confronti del Governo centrale di Rabat.
Secondo le autorità marocchine, dallo scorso autunno si sono verificati ottocento episodi di violenza nei quali più di 200 agenti di polizia sono rimasti feriti. Il Governo, rispondendo a un’interrogazione del deputato Abdelouafi Laftit, ha giustificato gli arresti nelle ultime settimane definendoli indispensabili. «Gli arresti – secondo il Governo – sono iniziati solo dopo l’interruzione del sermone di un Imam durante la funzione del primo venerdì di Ramadan. Questi arresti però sono stati eseguiti nel rispetto delle leggi e nella presunzione di innocenza». Martedì, 6 giugno, però, la difesa di alcuni degli arrestati ha chiesto che un esperto indipendente indaghi su presunti maltrattamenti dei detenuti berberi.
Ha destato particolare scalpore il fermo e l’arresto di Nasser Zefzafi. Dopo aver partecipato alla manifestazione che ha interrotto il sermone del Venerdì di Ramadan, Zefzafi era riuscito a fuggire alle autorità marocchine. Protetto dalla complicità degli abitanti del Rif si era dato alla macchia. Salvo poi essere catturato dagli agenti e portato, insieme ad alcuni suoi compagni, a Casablanca.
Proprio a Casablanca, Zefzafi è apparso lunedì notte davanti al Procuratore della Corte d’Appello per l’udienza preliminare. L’accusa è di aver organizzato azioni con «tendenze separatiste», e, in particolare, di aver incitato «all’odio contro i simboli dello Stato». L’attivista ha negato tutte le accuse e ha insistito sulla rivendicazioni pacifiche e sociali dei manifestanti Al Hoceima.
Dopo l’udienza, il leader movimento di Hirak è stato riportato in carcere insieme ad altri sei attivisti del movimento tra i quali Nabil Ahamjik, considerato il numero due, e Silya Ziani, una giovane donna, sempre più popolare tra i manifestanti.
Intanto la protesta continua nel Rif e sempre più spesso si parla di una nuova Primavera berbera.