Il tuo ultimo sguardo: un film da non vedere

di AFRICA
Il tuo ultimo sguardo: un film da non vedere

Il tuo ultimo sguardo (The last face) di Sean Penn è già stato ampiamente fischiato e massacrato da pubblico e critica fin dalla sua presentazione in concorso al Festival di Cannes 2016. I prestigiosi Cahiers du cinema l’hanno definito il più brutto film di tutta la storia del cinema. Qualcuno si è spinto a dire che il film di Penn potrebbe far rivalutare l’altrettanto scandaloso Beyond Borders con Angelina Jolie.

Già dai titoli di testa si intuisce la deriva che prenderà la storia. Una cartina dell’Africa, una linea che unisce Liberia e Sud Sudan ed una scritta che paragona le crudeltà della guerra a quella di una storia d’amore sbagliata: infatti in una Liberia devastata dalla guerra il Dottor Leon (Javier Bardem) e la Dottoressa Wren Petersen (Charlize Theron) si innamorano…..

C’è tutto il peggiore repertorio: paesi africani dilaniati da guerre civili delle quali non viene spiegato nulla, corpi di donne e bambini massacrati e messi sotto i riflettori, dottori bianchi, belli, buoni e intelligenti come unica risorsa e speranza per il continente, bambini soldato impasticcati e sopra di tutto l’Amore con la A maiuscola tra i due protagonisti bianchi, reso impossibile dalla guerra. Ciliegina sulla torta il discorso della bella Charlize in elegante abito da sera che spiega ad una platea di ricchi che i profughi hanno diritto a sognare come tutti noi.

Ancora più inquietante è leggere però le informazioni riportate nel pressbook italiano. La sceneggiatrice ha vissuto a lungo in Africa Centrale per fare ricerche sulla storia e “ha anche adottato due bambini della Sierra Leone”. Il produttore, con un padre ambasciatore per i rifugiati in Somalia e in Etiopia, ha passato gran parte dell’infanzia in Africa. Javier Bardem attivista nella difesa dei rifugiati, Charlize Theron impegnata a livello umanitario e fondatrice di una ONG che si occupa dei bambini rimasti orfani a causa dell’AIDS in Sud Africa.

E infine Sean Penn che a detta del produttore “Non è solo uno straordinario regista, ma conosce quella situazione meglio di chiunque altro al mondo, ha scavato nelle esperienze che ha vissuto personalmente ed è quello che vediamo nel nostro campo profughi. Le sue opinioni si sono formate sulla realtà che ha vissuto…”.​

Ma la cosa più grave è che Nazioni Unite, World Food Program, Medecins sans Frontieres, Medecins du Monde e altre ONG abbiano dato un supporto alla produzione. Il World Food Program ha fornito materiali, attrezzature, confezioni di cibo e acqua da tutto il mondo inviandole sul posto.​ Un gruppo di professionisti esperti d’Africa che si mobilitano per ragioni umanitarie e artistiche e realizzano un film così disgustoso? Qualcosa non torna.

Ho visto il film di pomeriggio, in una sala milanese. Eravamo in due spettatori. Mentre scorrevano i titoli di coda la signora davanti a me, indignata dalla sala vuota, si è voltata e ha detto: “E’ uno scandalo che non ci sia nessuno. Questo film dovrebbero vederlo tutti.”

Invece no. Questo film non è da vedere.

(Simona Cella)

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5 commentI

Anonimo 1 Novembre 2019 - 02:20

Sinceramente non capisco qual è il grande peccato di questo film.

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Carlo Scaraglio 1 Novembre 2019 - 02:24

È più retorica la recensione del film che il film

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Anonimo 26 Dicembre 2019 - 23:49

Ma per piacere che razza di recensione sarebbe ?…

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Salvatore 27 Dicembre 2019 - 06:50

Dopo cinque minuti ho smesso di vederlo,ho capito subito che questo film era una “mattonata”

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Tina 27 Dicembre 2019 - 19:35

È stato un bel film. A me è piaciuto tanto, forse qualcuno non lo capisce perché rispecchia di molto la realtà e in questi giorni di festa e di bagordi non andava visto

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