Rd Congo – L’uomo che scopre i minerali insanguinati

di AFRICA
Rd Congo - L’uomo che scopre i minerali insanguinati

Nelle foreste del Kivu un geologo canadese tenta di contrastare il contrabbando di coltan che alimenta la guerra

Da tempo si è abituato al caldo opprimente dell’Equatore, i nugoli di zanzare, l’aria pesante di umidità. Ha lasciato il Canada, sua terra natale, nel 2002. E da quindici anni è in Africa. Ha vissuto e lavorato in Sudafrica, Gabon, Botswana, Ruanda e Burundi. Ora si trova nella Repubblica democratica del Congo, dove gli è stata affidata una missione speciale da portare a termine: fermare il commercio clandestino di coltan, il metallo prezioso che alimenta la ventennale guerra del Kivu.

Rd Congo - L’uomo che scopre i minerali insanguinati

Business criminale

Uwe Naeher è un geologo di fama mondiale, dipendente dell’Istituto per le geoscienze e risorse naturali (Bgr), un ente per la ricerca con sede ad Hannover, che lavora per il governo e gli industriali tedeschi, e collabora da anni con la Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi (un organismo intergovernativo regionale a cui aderiscono le autorità di Kinshasa). Il suo compito è verificare l’origine dei minerali che escono dalle foreste del bacino fluviale del Congo, ovvero accertare che le grandi quantità di pietre e polveri preziose spedite ogni giorno in tutto il mondo provengano da miniere ufficiali e non fuoriescano illegalmente da zone controllate da milizie armate.

Il Nord-est della Rd Congo è ricco di oro, coltan, tantalio, stagno, tungsteno e molti altri minerali cruciali per le industrie di Cina, Usa, Europa e India. Il giro di affari è stimato in decine di milioni di dollari. Ma la quasi totalità di questo bottino finisce nelle mani delle organizzazioni criminali che operano in Kivu e che hanno fitti rapporti con i Paesi confinanti (soprattutto il Ruanda, ma anche Burundi, Tanzania e Uganda).

La competizione per l’estrazione illecita dei minerali è all’origine dell’instabilità nella regione. L’immensa ricchezza celata nel sottosuolo congolese – una potenziale fortuna per la popolazione locale – favorisce la proliferazione di gruppi terroristici, il contrabbando, il riciclo di denaro transfrontaliero e l’afflusso di finanziamenti illeciti. Il Kivu è da tempo un inferno di saccheggi, massacri, stupri di massa. I soldati dell’esercito di Kinshasa e i caschi blu della Monusco, la missione Onu in Congo, non riescono a proteggere la popolazione civile. Il commercio occulto dei minerali finanzia l’arsenale di decine di milizie e la diffusione delle armi alimenta la guerra per il controllo delle miniere: una spirale perversa di violenze che va avanti da oltre vent’anni e ha già provocato più di 10 milioni di morti.

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Gps e microscopio

Di recente l’Unione Europea ha approvato una legge che vieta l’importazione dei metalli estratti in zone di guerra. Facile a dirsi, difficilissimo a farsi. La Repubblica democratica del Congo è un Paese corrotto fino al midollo, grande sette volte l’Italia, con confini porosi e insicurezza latente. Per bloccare il commercio dei “minerali insanguinati” occorre anzitutto ricostruire e accertare l’origine delle gemme e delle polveri che fuoriescono dal Kivu. È proprio ciò che tenta di fare Uwe Naeher. «Benché a prima vista le pietre di uno stesso minerale possano apparire identiche tra loro, in realtà ogni esemplare possiede una propria specificità, una sorta di impronta digitale geochimica che lo contraddistingue, o meglio che rende riconoscibile il luogo di origine», spiega il geologo.

Un microscopio elettronico e uno spettrometro, affiancati da tecniche analitiche, permettono, per esempio, di rivelare in un campione la differente concentrazione di oligoelementi, la distribuzione dei cristalli, la carica radioattiva che ne definisce l’età geologica. «Il nostro istituto ha messo a punto un sistema, noto col nome di Analytical Fingerprint Method, che attraverso l’analisi comparata di questi elementi riesce a fornire indicazioni piuttosto precise sulla zona di provenienza del minerale». Raramente Uwe Naeher si trova a Kinshasa, dove c’è il quartiere generale del Progetto di certificazione dei prodotti minerali, di cui è direttore. Molto più spesso viaggia su un fuoristrada per le zone minerarie del Kivu, in piena foresta, prelevando i campioni da analizzare.

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Polvere preziosa

Ogni frammento di minerale raccolto viene inserito in una busta di plastica su cui vengono indicate le coordinate di latitudine e longitudine del luogo di ritrovamento rilevate dal Gps. L’analisi degli esemplari avviene in un laboratorio a Bukavu. I risultati vengono poi inviati in Germania, alla sede centrale del Bgr di Hannover, per essere rielaborati al fine di realizzare una mappatura delle decine di miniere presenti nella regione. «Entro il 2018 avremo concluso questo impegnativo ma vitale censimento, che permetterà di verificare se i minerali importati e trasformati dalle società sono leciti oppure derivanti da attività illegali».

Gli sforzi di Uwe Naeher e della sua équipe di ricercatori sono concentrati, in questa fase, sul coltan, una miscela di columbite e tantalite divenuta un componente essenziale per il mondo dell’elettronica e delle nuove tecnologie. È un superconduttore, resistente al calore e facilmente lavorabile. Viene usato per realizzare minuscoli condensatori che finiscono in milioni di circuiti stampati all’interno dei dispositivi hi-tech, dagli smartphone alle navicelle aerospaziali, passando per le consolle dei giochi e i computer portatili. L’80 per cento delle riserve mondiali di coltan si trova nelle regioni orientali della Rd Congo. Allo stato grezzo il minerale si presenta sotto forma di pietre che poi vengono sminuzzate in finissima polvere nera. L’estrazione avviene a mani nude o con semplici vanghe in miniere a cielo aperto. Veri e propri gironi danteschi in cui finiscono migliaia di schiavi, tra cui bambini, costretti a scavare sempre più in profondità. Dalle prime ore del mattino, i minatori affondano in queste voragini ciclopiche che sventrano la foresta. Riemergono trasportando in spalla sacchi di coltan, arrampicandosi sulle pareti di terra fangosa che frana sotto i loro piedi.

I signori della guerra del Kivu, fiancheggiati da politici corrotti e militari collusi, gestiscono il monopolio del settore, causando peraltro un danno enorme alle finanze pubbliche per la mancata tassazione delle ricchezze saccheggiate. Uwe Naeher, con il suo lavoro, minaccia questo lucroso business criminale. Finora nessuno lo ha fermato, ma pesanti avvertimenti sono arrivati al suo laboratorio: è ovvio che il suo lavoro tocca interessi enormi e dà fastidio a molti.

(testo di Marco Trovato – foto di Sven Torfinn / Panos / Luz)

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Foto di Marco Gualazzini ©

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