Babambombo wow! è il titolo della mostra fotografica di Paola Meloni che verrà inaugurata domani, sabato 14 ottobre, alle 18,30, presso la Galleria Silva di Via Olona 25 a Milano. Durante l’inaugurazione si terrà anche una breve conferenza dal titolo: “Cosa Otteniamo Non Guardando Oltre?” tenuta da John Mpaliza, camminatore e attivista per i diritti umani; Giusy Baioni, giornalista; Padre Emmanuel Adili, missionario saveriano e Colette Diku, membro di Tam-Tam d’Afrique.
Visitabile fino al 19 ottobre, l’esposizione si propone di richiamare l’attenzione su quanto sta avvenendo nella Repubblica Democratica del Congo e, nello specifico, nella regione del Kasai. Attraverso 68 scatti la fotografa milanese racconta infatti la quotidianità della vita del villaggio Tshimbulu appena prima dello scoppio della guerra civile insorta proprio nel medesimo distretto.
“A Tshimbulu ho vissuto per un anno svolgendo il Servizio Civile Nazionale all’estero con l’ONG COE (Centro Orientamento Educativo) e sono tornata in Italia appena prima che cominciassero i disagi politici. E’ con la semplicità di questa serie di scatti che non “urlano” che voglio rendervi partecipi di una quotidianità che ormai non esiste più da oltre un anno.
Da quando sono rientrata in Italia, proprio un anno fa, ho cominciato a lavorare alla creazione di questa mostra fotografica per raccontare, tramite immagini, le vicende di un popolo che per un anno ho visto vivere in condizioni di tranquillità prima che precipitasse nella guerra civile violentissima, tuttora in corso. Mi sconvolge sempre pensare che tanti degli amici e conoscenti incontrati durante il mio soggiorno ora saranno morti o fuggiti chissà dove.
I motivi, quindi, che mi hanno spinto a realizzare questa mostra fotografica sono vari. Uno fra tanti è far conoscere la storia e la geopolitica di un Paese di cui poco si legge o si sa, osservandolo dal punto di vista dei più giovani, bambini e, soprattutto, adolescenti. Nella mostra ho messo l’accento anche sulla condizione delle donne nel momento del parto e sulla condizione del disagio mentale.”
Contesto storico-politico:
Il conflitto congolese – che sta generando una delle emergenze umanitarie più rilevanti nel continente africano – ha le sue radici in un misto di motivazioni locali e regionali. Da una parte c’è la partita nazionale, con l’opposizione che protesta contro il presidente Kabila. Divenuto presidente in seguito all’assassinio di suo padre Laurent-Désiré il 16 gennaio 2001, Kabila ha compiuto i due mandati consecutivi consentiti dalla Costituzione. La sua presidenza è la più lunga della Repubblica, nata dopo 32 anni di dittatura di Mobutu, arrivato al potere nel 1965 con un colpo di stato e deposto nel 1997. L’ultimo conflitto, tuttora in atto, è iniziato nell’agosto del 2016, quando il capo tradizionale di Bashila Kasanga, Kamwina Nsapu, ha protestato contro le estorsioni e le violenze dei militari. Uomini dell’esercito, sostenuti da altri notabili del Kasai, hanno preso d’assalto la casa di Nsapu, violentato sua moglie e rubato alcuni oggetti rituali. Di fronte alle proteste di piazza, i militari hanno ucciso otto manifestanti e il 12 agosto assassinato lo stesso Nsapu. Non solo: il suo corpo nudo e mutilato è stato esposto in piazza.
L’opposizione chiede nuove elezioni e la formazione di un governo di unità nazionale per far fronte alla grave crisi economica, sociale e umanitaria che affligge il Paese. Il 31 dicembre del 2015 – grazie alla mediazione dei Vescovi congolesi – era stato raggiunto un accordo in tal senso, ma è rimasto sulla carta, senza nessuna applicazione.
Sebbene il conflitto che lo lacera dall’interno sia poco trattato dalla stampa internazionale, per capirne la gravità basti pensare che su 6,9 milioni di nuovi sfollati interni in seguito alle guerre, 922 mila sono nella Repubblica Democratica del Congo: circa 100 mila in più della Siria e ben 270 mila in più dell’Iraq, che occupano rispettivamente la seconda e la terza posizione. Numeri che si vanno a sommare a quelli già esistenti, che in alcuni casi da decenni aspettano la risoluzione dei conflitti. Il paese ospita anche quasi 500 mila profughi provenienti dal Burundi, Repubblica Centrafricana e Sud Sudan, mentre oltre 1,5 milioni di persone nel Paese sono ridotte alla fame.
Alla fine di febbraio del 2017, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Ohchr) di Ginevra, su segnalazione degli abitanti di Tshimbulu, ha documentato il ritrovamento di sette fosse comuni dove erano sepolti i corpi di 62 uomini e 39 donne, uccisi a colpi di mitragliatrice nel corso di un’operazione militare condotta tra il 9 e il 13 febbraio 2017 dalle Fardc.
Paola Meloni è una fotografa italiana impegnata da circa cinque anni nell’ambito del reportage sociale; nell’ultimo anno si è avvicinata all’uso della fotografia in terapia. Collabora con ONG per le quali svolge servizi fotografici (in Nicaragua, Burkina Faso e Giordania), con una compagnia teatrale impegnata con anziani e malati di Alzheimer e con fotografi di reportage che segue in Italia.