La Liberia è il paese dei primati. Le elezioni del 26 dicembre hanno sancito la salita al potere di George Weah, primo presidente ex calciatore. Succede alla prima presidente donna – e premio Nobel per la pace – del continente africano, Ellen Johnsonn Sirleaf.
Quest’ultima è stata al potere dodici anni e per molti versi ha deluso le aspettative che non potevano essere altro che quelle di fare uscire dalla povertà una delle popolazioni più povere del mondo. Ha però dei meriti: innanzi tutto ha stabilizzato il Paese, in secondo luogo è un presidente che esce di scena al termine dei mandati che la Costituzione le concede. In Africa non è poco. Infine ha il merito e la scusante di avere affrontato una terribile emergenza, quella di ebola, una sorta di terremoto devastante che ha colpito il Paese.
Weah ha vinto nettamente sul suo rivale, Joseph Boakai, vicepresidente e braccio destro per dodici anni di Ellen Johnson Sirleaf. È arrivato al ballottaggio senza nemmeno ottenere l’appoggio della sua presidente, pare perché appartenente ad una classe politica «vecchia». Lui ha 73 anni mentre Weah ne ha 52.
Weah ha vinto nonostante il passo falso di avere scelto come vice la senatrice Jewel Howard-Taylor, moglie di Charles Taylor, ex signore della guerra che trascinò il Paese in un’era di devastazioni e violenze per le quali è stato condannato dalla Corte dell’Aja per crimini di guerra.
Ora Weah dovrà concretizzare le speranze delle folle di giovani che hanno votato per lui. Sa bene cosa significa: tempo fa aveva dichiarato: «Dovevo fare il bambino soldato, invece ho avuto tutto dalla vita, sono famoso e ricco. Da bambino dormivamo in 14 in una stanza, mangiavo solo riso e avevo sempre fame».
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)