Pochi giorni dopo l’annuncio da parte del capo di stato maggiore dell’esercito nigeriano che il gruppo Boko Haram è stato definitivamente sconfitto, Abubakar Shekau, il leader di questa formazione terroristica, ha diffuso un video di undici minuti in cui lo si vede in piedi, armato di un AK47 affiancato da due miliziani un passo dietro di lui, anch’essi armati con l’immancabile kalashnikov, ma col capo coperto. Sullo sfondo un muro di mattoni.
Il video dura undici minuti, Abubakar legge da un foglio che tiene con la mano sinistra. Il messaggio è semplice, lineare: ringraziamenti ad Allah che ha spinto lui e i suoi fedeli sulla strada della Jihad. Morte e dannazione agli infedeli ma soprattutto a coloro che propugnano l’educazione, la scuola, l’istruzione. Ma al di la del messaggio esplicito, cioè delle parole, il video è importante per una serie di conferme e deduzioni che consente di fare.
Primo: il messaggio è un modo per smentire che Boko Haram sia stata sconfitta, come pure che abbia perso la sua roccaforte nella foresta di Sambisa, nello stato del Borno. Secondo: quello che appare in video è sicuramente Abubakar Shekau che era stato dato per morto (era stato addirittura mostrato il suo cadavere in foto). Terzo: il video conferma che è ancora lui a capo di Boko Haram e non, evidentemente, l’uomo nominato dal leader dello Stato Islamico Abu Bakr al Baghdadi. Dunque non ci sono due fazioni una contraposta all’altra, o perlomeno quella di Shekau è quella vincente, che tiene ancora basi sul terreno, nella foresta di Sambisa. Infine conferma che gli attentati di queste settimane sono ancora il prodotto di questa spietata e sanguinaria formazione.
Dal 2009 sono circa 20mila le persone uccise e 2,6 milioni gli sfollati, che hanno scatenato una delle più gravi crisi umanitarie del pianeta nella regione del Lago Ciad.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)