“I nigeriani non capiscono dove passa la linea del fronte e non sanno in che direzione scappare: è peggio della guerra civile”. Padre Patrick Alumuku è il portavoce dell’arcidiocesi di Abuja. Sono trascorse 24 ore dall’attentato nel centro commerciale della capitale, l’ultimo di una serie.
Secondo l’agenzia di stampa nazionale “Nan”, in relazione all’esplosione che ieri pomeriggio ha causato 21 vittime e decine di feriti all’Emab Plaza è stato arrestato un primo sospetto. La sua identità non è stata ancora resa nota ma in molti ad Abuja sono convinti che la strage sia opera degli islamisti di Boko Haram. “Non ci danno tregua – dice padre Patrick – e la situazione diventa ogni giorno più complicata”.
Raggiunto dalla notizia dell’attentato, questa notte il presidente Goodluck Jonathan ha lasciato un vertice dell’Unione Africana in corso in Guinea Equatoriale ed è rientrato ad Abuja. A pochi mesi dalle elezioni, in programma a febbraio, il capo di Stato fatica a rispondere alle critiche di chi lo accusa di non essere in grado di fermare la violenza di Boko Haram. Ormai gli attentati non sono limitati al nord-est del paese, roccaforte degli islamisti, ma colpiscono la capitale. Tra aprile e maggio le esplosioni di due bombe nei pressi di una stessa stazione di autobus alla periferia di Abuja avevano provocato più di cento morti.
Della Nigeria come “Stato fallito” o “gigante dai piedi d’argilla” hanno scritto i giornali di mezzo mondo. Soprattutto dopo il rapimento, rivendicato da Boko Haram ad aprile, delle oltre 200 ragazze della scuola di Chibok. Finora il governo e l’esercito sono stati incapaci di garantirne la liberazione, nonostante le offerte di sostegno giunte dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra e persino dalla Cina.
Secondo padre Patrick, “la vicenda delle ragazze è un metro per misurare la gravità e la complessità della crisi nigeriana”. Chibok si trova nello Stato nord-orientale di Borno, non lontano dalla Foresta di Sambisa, un’area di difficile accesso estesa su circa 600 chilometri quadrati. Secondo padre Patrick, le difficoltà di un intervento sono aggravate dai contatti internazionali di Boko Haram e dall’inadeguatezza dell’equipaggiamento dei militari nigeriani. “Buona parte dei soldi stanziati per la difesa e la lotta al terrorismo – dice il portavoce dell’arcidiocesi di Abuja – sono finiti nelle tasche di politici e ufficiali corrotti”. – Misna