Sudan, terza puntata: i Faraoni Neri

di Raffaele Masto

Nel 1951 Cheik Anta Diop, giovane studente senegalese che poi divenne un brillante intellettuale africano, antropologo, storico e fisico, presentò la sua tesi di laurea alla Sorbona nella quale affermava che l’antica civiltà dei Faraoni era espressione di una cultura nero-africana. La tesi gli fu respinta, mancavano ancora dieci anni all’epoca delle indipendenze africane e la storia occidentale non poteva accettare che una civiltà fondante della nostra epoca moderna non fosse parte della tradizione occidentale. L’Africa era ancora un continente di selvaggi, di inferiori, di popoli che dovevano essere civilizzati.

Il giovane senegalese però non si diede per vinto. Con l’indipendenza, nel 1960, tornò in Senegal e grazie alle ultime tecniche per datare le mummie scoprì che era possibile conoscere quanta melanina vi era sulla pelle dei faraoni e dei principi e principesse egizie. Cheik Anta Diop scoprì, dunque, che erano neri. Ripresentò la sua tesi e i docenti furono costretti ad accettarla: la civiltà dei Faraoni era anche espressione di una cultura nero-africana. Addirittura si scoprì che la venticinquesima dinastia fu di faraoni neri, provenienti dalla Nubia che per un certo periodo furono gli unici rappresentanti e difensori di una civiltà che sta alla base della nostra storia.

Viaggiare oggi nella Nubia significa riscoprire quella storia e rendersi conto che l’Africa è alla base delle nostre società e del nostro sviluppo. Lo è perchè Homo Sapiens è nato lì. Lo è perchè le influenze che provenivano dall’Africa nera hanno plasmato la nostra storia, quella dei Romani, il Medioevo, e poi il rinascimento, e poi con gli schiavi l’Africa ha finanziato la rivoluzione industriale, e poi con il colonialismo si sono potute fare due grandi guerre mondiali che hanno disegnato il mondo così come oggi lo conosciamo.

Entrare in una delle piccole piramidi della Nubia, con i muri scolpiti di geroglifici e le figure di Faraoni come Pianchi o Tarqa, con i tratti del viso negroidi e con le loro principesse dai fianchi larghi alla africana – diverse dalle algide figure egizie, magre, slanciate, filiformi – significa toccare quella storia.

(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)

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