C’è una mostra che, partita dal tedesco Vitra Museum di Weil em Rhein, che l’ha realizzata in collaborazione col Guggenheim di Bilbao, da tre anni sta girando il mondo per far conoscere la ricchezza della creatività africana contemporanea. Si tratta di Making Africa: è stata già a Bilbao, Rotterdam, Barcellona, Atlanta. Fino al 6 maggio di quest’anno si fermerà all’Albuquerque Museum in New Mexico per fare poi l’ultima tappa al Blanton Museum of Art di Austin, in Texas.
Chi scrive l’ha visitata già un paio di volte e vorrebbe rivederla ancora. Perché si tratta di un’esposizione veramente eccezionale, che ad ogni visita apre nuovi scenari. Parla di grafica, architettura, fotografia, moda, scultura, disegno, pittura, reportage, videoarte e di tutte le intersezioni possibili tra questi segmenti espressivi. I curatori hanno fatto un lavoro certosino di ricerca e il visitatore si trova di fronte a un mondo incredibilmente sfaccettato e dialogante, pronto a varcare i confini ma attento a non perdersi. Tra i protagonisti della mostra c’è uno dei più interessanti fotografi africani contemporanei, Fabrice Monteiro, belga beninese, che ha un passato da modello e oggi fa base a Dakar. È anche film-maker e lavora sempre al confine tra moda e reportage, ricerca delle origini e denuncia sociale. MisWudé è un brand senegalese e propone creazioni ispirate alla tradizione subsahariana ma rivisitate in chiave postmoderna.
In Making Africa Monteiro è presente anche con una successione di scatti tratta da The Prophecy, una serie suggestiva e onirica che ci parla del pericolo imminente e terribile rappresentato dall’inquinamento ambientale e dalla distruzione della natura. Anche in questo caso l’artista collabora con un designer di moda senegalese, Doulsy Jah Gal, e insieme riescono a trovare un linguaggio visivo capace di raggiungere la sensibilità africana e fare breccia.
Info: makingafrica.net
(Stefania Ragusa)
