– Come si valuta la salute di un Paese?
I maestri del mestiere mi hanno insegnato a consultare i report del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. In quelle colonne di dati statistici un tempo cercavo di capire come stava la nazione che mi apprestavo a visitare. Ma con il passare degli anni ho cominciato a diffidare dei numeri o, meglio, ho imparato a non considerarli l’unico metro di misura del benessere. Prendiamo l’esempio dell’ultimo viaggio fatto poche settimane fa in Ghana. Gli studi dicono che il Pil stia correndo: +5%. Ma in Ghana ho capito che quella crescita è gonfiata dalle esportazioni (petrolio, cacao e oro) e che l’economia locale – quella delle imprese, dei servizi, delle attività commerciali – avanza con più difficoltà. Prima di partire avevo letto dati allarmanti sulla disoccupazione giovanile, ma non ho visto un solo ragazzo ghanese passare il tempo con le mani in mano: il cosiddetto settore informale, quello dei lavori a giornata, non rientra nelle statistiche pur sfamando una larga parte della popolazione.
I numeri non spiegano tutto, ma possono aiutare a capire. Basta saperli interpretare. Per valutare la salute di un Paese, io utilizzo una mia personale unità di misura: il sorriso orario (in breve: Sm/h, dove “Sm” sta per “smile”). Come funziona? Semplice: quando mi trovo su un taxi o su un pullman e attraverso una grande città (per esempio nel tragitto da e per un aeroporto o una stazione), guardo fuori dal finestrino e conto i sorrisi che vedo per strada nell’arco di un’ora (la durata media di un trasferimento nelle congestionate metropoli africane). Ai fini del rilevamento non importa il motivo per cui la gente sorride: l’importante è che lo faccia. Ovviamente è una misurazione imprecisa, soggetta a errori e omissioni. Non ha alcun valore scientifico. Ma, per quanto mi riguarda, non è meno interessante di un dato macroeconomico. Per le strade di Accra, capitale del Ghana, ho contato un numero impressionante di sorrisi: ben trentotto (a Milano, quando sono tornato a casa, ne ho visto solo uno – ma forse era colpa della nebbia). È il record assoluto da quando ho cominciato a prendere nota dei valori di Sm/h nei Paesi africani. Ricordo nitidamente l’allegria contagiosa di alcune scene che ho osservato per le strade di Accra: la venditrice di banane arrostite che scherzava coi clienti, la coppia di fidanzati che flirtava su una panchina, tre vecchietti seduti ad un chiosco che si davano amichevoli pacche sulle spalle, una mamma che giocherellava con due bambini, un uomo d’affari in giacca e cravatta che scherzava con il garzone di un’officina meccanica. Avevo in mente quei sorrisi, segni di vitalità e buonumore, quando ho deciso di cambiare il titolo al reportage che pubblichiamo in questo numero. Avrebbe dovuto essere “Ghana, il miracolo dimezzato”. Ma ho preferito un titolo decisamente più ottimista: lo trovate a pagina 18.