Gisa non ha mai conosciuto la madre, vittima del genocidio del 1992 in Ruanda. Richiamato al villaggio materno, deve affrontare una diatriba famigliare sull’eredità di una casa di cui restano solo rovine. Ascoltando i canti e i racconti degli abitanti del villaggio che si riuniscono per aiutare la famiglia a trovare un accordo Gisa si mette in ascolto per comprendere e ricordare. Sa che quel che resta della casa è memoria da conservare, prova inconfutabile dell’orrore.
Le tensioni tra il desiderio di dimenticare e la necessità del ricordo donano una dolente profondità ad un racconto tra documentario e viaggio di formazione. Orso d’argento per i cortometraggi alla Berlinale 2018.
(Simona Cella)