Non solo lemuri e baobab. Il Madagascar vanta un’eccezionale ricchezza culturale e antropologica, ben 18 etnie diverse, un mosaico di costumi e tradizioni secolari. La stagione invernale, tra giugno e settembre, coincide con il periodo della Famadihana (si pronuncia “famadiin”), una singolare cerimonia funebre che riporta – anche solo per poche ore – i corpi dei defunti nel mondo dei vivi.
La riesumazione delle salme avviene a 4-7 anni dalla morte e offre l’opportunità di riabbracciare la persona amata – o meglio, ciò che ne rimane. Il pomeriggio del giorno stabilito le spoglie vengono prelevate dalla tomba, condotte in processione a suon di musica e portate in spalla per sette giri rituali attorno al sepolcro. Quindi vengono avvolte in sudari di raso e cotone confezionati per l’occasione e infine nuovamente inumate, non prima che parenti e amici rendano omaggio al defunto: a turno parlano con la salma per informarla di vicende familiari e notizie del villaggio avvenute dopo il funerale.
Al caro estinto donano banconote, fotografie, liquori, foglietti di preghiere… In cambio richiedono consigli, protezione e intercessioni. Le donne che desiderano avere un figlio prelevano brandelli del vecchio lenzuolo funebre e li conservano sotto i materassi come amuleti di fertilità. Macabre superstizioni? Tutt’altro. Il rito avviene in un clima festoso. Le orchestre animano danze scatenate, tra la folla d’invitati scorrono fiumi di birra e rum. E i visitatori stranieri sono sempre benvenuti.
(Marco Trovato)