Nelle zone rurali del continente, la gran parte delle scuole non ha accesso all’energia elettrica. E ciò impedisce ai giovani di avere una formazione scolastica adeguata.
Se si osserva una fotografia satellitare scattata di notte sull’Africa è inevitabile chiamarla “continente nero”. Salvo poche macchie luminose che segnalano le aree metropolitane di Lagos, Il Cairo, Johannesburg e Nairobi, ciò che si vede è un’ombra che si estende su una superficie vastissima. L’Africa ha un bisogno disperato di energia. Circa 600 milioni di suoi abitanti (il 60% della popolazione subsahariana) non hanno accesso alla corrente. Le aree rurali, in particolare, non sono raggiunte dal servizio elettrico. Bassa densità abitativa, spazi sterminati, ostacoli geografici, limitata capacità economica rendono difficile estendere le linee elettriche nazionali su tutto il territorio.
Niente computer
Ogni sera, quando il sole tramonta, trecento milioni di africani rimangono al buio. Perché le case in cui vivono non hanno l’elettricità. Per continuare a leggere e scrivere, i giovani devono appiccare il fuoco di candele o vecchie lampade a petrolio, oppure devono usare torce o cellulari per rischiarare libri e quaderni. Un “illuminante” studio dell’Unesco ha dimostrato la correlazione esistente tra la disponibilità della luce e il successo scolastico. Nelle zone elettrificate gli alunni dedicano mediamente un’ora serale di studio in più al giorno, con risvolti positivi sull’apprendimento e sui risultati scolastici. Oggi l’80% di scuole e biblioteche nell’Africa subsahariana non dispone di elettricità, e ciò rende impossibile agli studenti l’accesso ai più moderni supporti didattici (computer, lavagne interattive multimediali, proiettori). Non sorprende che in questa regione il tasso di abbandono scolastico sia il più elevato in assoluto.
Obiettivi incerti
«Avere l’elettricità non significa avere i libri, ma la possibilità di leggerli. Non averla significa non avere opportunità di emanciparsi dalla propria condizione di povertà», scrivono Pippo Ranci, Matteo Leonardi e Laura Susani, nel libro Poveri di energia (Il Mulino, 2016). «Gli sforzi di generazioni per fare arrivare i propri figli alla scuola secondaria sono vanificati o fortemente compromessi se la scuola e il villaggio non hanno luce. Le aspettative sul lavoro, sul livello di educazione, sono sempre più tarate su chi ha la luce».
Estendere a tutti il servizio elettrico, come vogliono le Nazioni Unite, è un obiettivo ambizioso. La più parte delle persone senza accesso all’energia corrisponde a persone prive di disponibilità economiche e al di sotto della soglia di un euro al giorno. Le infrastrutture energetiche prevedono alti costi per la realizzazione e persone che paghino regolarmente il servizio. Non è detto che l’obiettivo venga raggiunto. Ci sono tuttavia delle realtà dove non è possibile fallire: lasciare una scuola secondaria senza elettricità significa non centrare uno dei prerequisiti per lo sviluppo.
La luce dentro
L’accesso all’energia elettrica aumenta la probabilità che i giovani completino la propria formazione perché migliora le condizioni degli ambienti scolastici (acqua, servizi sanitari, cibo), incoraggia gli insegnanti ad accettare incarichi nelle scuole rurali e garantisce maggiore sicurezza. Quindi permette alla scuola di offrire una formazione più qualificata e al passo coi tempi. Si pensi soltanto all’importanza dell’accesso ad internet, in contesti remoti dove peraltro i libri e il materiale didattico sono limitati. Le foto che pubblichiamo in queste pagine mostrano studenti che studiano nell’oscurità i giorni prima degli esami. Gli scatti, realizzati in Kenya e Tanzania, fanno parte di un reportage intitolato The Light Inside: la luce dentro. La luce interiore dei ragazzi che studiano nonostante il buio. Immagini toccanti e amare al tempo stesso: le statistiche dimostrano che le scuole senza accesso alla luce sono strutturalmente le ultime agli esami nazionali.
(di Matteo Leonardi – foto di Marco Garofalo)